Il disagio della sera / Marieke Lucas Rijneveld; trad. di Stefano Musilli. Roma: Nutrimenti, 2019.
Era già un po' che avevo sentito parlare di questo romanzo e lo avevo aggiunto alla mia personale lista dei libri da leggere. Poi il mio amico M. mi scrive consigliandomene la lettura e quasi contemporaneamente scopro che il libro ha vinto l'International Booker Prize.
A quel punto comincio anche a documentarmi su Marieke Lucas Rijneveld, giovanissimɘ - è natɘ nel 1991 -, vive e lavora in una fattoria, preferisce che si utilizzi nei suoi confronti il pronome "loro", perché rifiuta il binarismo dei generi, scrive poesie (per le quali ha già vinto diversi premi), e per questo libro si ispira alla propria storia.
In pochi giorni compro il libro e inizio a leggere voracemente la storia di Jas, la ragazzina decenne protagonista di questa narrazione. Siamo in quella parte del Paesi Bassi dove regna l'ortodossia cristiana della Chiesa Riformata e Jas vive in una fattoria con i suoi genitori e i tre fratelli, due maschi e una femmina.
Un giorno Mathijes va a pattinare sul ghiaccio sull'altra riva e non torna più, inghiottito dal ghiaccio e dall'acqua gelida. Questo evento tragico manda in frantumi gli equilibri già precari della famiglia Mulder.
I genitori si chiudono in un mutismo inscalfibile: il padre si occupa a tempo pieno delle sue mucche e degli animali della fattoria, mentre la madre progressivamente smette di mangiare fino quasi a sparire. I tre fratelli reagiscono al lutto ciascuno a suo modo, abbandonati completamente a sé stessi. Jas - che si sente in colpa in quanto pensa che suo fratello sia morto perché lei ha pregato di non sacrificare il suo amato coniglio - mette addosso un giaccone e non lo toglie più, mentre la sua fervida immaginazione costruisce storie fantasiose per dare delle risposte alle sue inquietudini.
In un contesto caratterizzato dall'assenza di parole che non siano quelle della Bibbia, Jas e i suoi fratelli si trovano nella difficile condizione di elaborare il lutto in una condizione di vuoto affettivo e di povertà emotiva. I tre hanno età differenti che in parte ne giustificano risposte differenti: Obbe, il più grande, sceglie la strada della ribellione, Hanna, la più piccola, gode ancora di un'aura di ingenuità e spensieratezza.
Jas ha un'età difficile, in cui per certi versi si è ancora bambini e non si hanno gli strumenti per comprendere questioni complesse, ma per altri ci si sta già affacciando all'adolescenza con tutti i turbamenti e gli interrogativi che porta con sé.
Il libro di Marieke Lucas Rijneveld è la negazione di tutti i libri che hanno come protagonisti bambini felici, innocenti e zuccherosi. La sua visione dell'infanzia e dell'adolescenza è spietata e a tratti disturbante: le prime fantasiose esperienze sessuali, vissute tra l'altro tra fratelli, la promiscuità di una vita a stretto contatto con gli animali, i pensieri violenti e lugubri, le piccole e grandi meschinità, il rapporto irrisolto con la morte. Si è a tratti inorriditi dai pensieri e dalle azioni di questi bambini, e al contempo essi appaiono meno spaventosi proprio perché appartengono a ragazzini che non ne sono pienamente consapevoli o che non ne comprendono i significati e la portata "culturale".
Marieke Lucas Rijneveld ci mette di fronte a un'infanzia e a un'adolescenza non mitizzate ed edulcorate, come spesso la letteratura tende a fare, bensì scava nei meandri di menti attraversate da mille pensieri e turbamenti. E chiunque dei lettori provi a ricordare quell'età con onestà intellettuale non potrà che concluderne che Jas e i suoi fratelli non si possono derubricare come espressione di un mondo ignorante e rurale, ma rappresentano - seppure a volte in una forma estrema - il conflitto tra filtri culturali e istinto che appartiene a quell'età della vita, ma che molti fanno fatica ad ammettere.
Non per niente mi era piaciuto il libro di Amelie Nothomb, Sabotaggio d'amore, che pure offriva uno sguardo sulla "cattiveria" dei bambini, sdoganando un tema che temo sia uno dei più grandi tabù della nostra società.
Nel caso di Rijneveld questa verità ti arriva come un pugno nello stomaco, addolcito solo da un linguaggio poetico e fiorito di immagini e metafore ardite, spesso provenienti direttamente dal mondo rurale e naturalistico, che toglie alla narrazione parte di una crudezza che sarebbe altrimenti insostenibile. D'altra parte non si legge da nessuna parte del libro, nemmeno tra le righe, un giudizio nei confronti dei protagonisti di questa storia, prodotti quasi naturalistici di un processo che Rijneveld sembra constatare in fondo pacificamente e con mente aperta.
Il disagio della sera è un libro potente e probabilmente non adatto a tutti. Ma chi ci si accosta con la mente sgombra da pregiudizi e prosegue nella lettura senza giudicare troverà in questa storia e in questa scrittura una purezza espressiva davvero inusuale.
Voto: 4/5
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