Il documentario di Marco Simon Puccioni è il secondo capitolo di un progetto cinematografico iniziato nel 2012 con Prima di tutto.
Si tratta di una serie di documentari nei quali il regista racconta la propria esperienza personale nella costruzione di una famiglia arcobaleno insieme al compagno Giampietro, a partire dalla nascita dei due figli Denis e David.
Mentre nel primo capitolo ci si concentrava sulla loro nascita in America grazie a due donatrici (una che ha donato gli ovuli e l’altra che ha portato avanti la gravidanza) e sui primissimi anni di vita dei bambini, in questa seconda puntata – come ci dice lo stesso regista presente in sala – l’intento è quello di mettere al centro della narrazione i bambini, ormai arrivati a un’età (circa 9-10 anni) in cui sono soggetti attivi di azione e di riflessione.
Puccioni ci dice che avrebbe voluto fare un film interamente ad altezza di bambino, raccordando pezzi di girato riguardante esclusivamente loro, o comunque tenendo genitori e adulti sullo sfondo, ma alla fine durante la realizzazione si è reso conto che poteva essere opportuno e significativo inserire la vita dei due bambini all’interno di un contesto più ampio, dando spazio anche ad eventi importanti come l’approvazione della legge sulle unioni civili.
Il film è la somma di un girato casalingo che documenta la quotidianità dei bambini e di un girato realizzato appositamente per il film, che - grazie al buon lavoro in fase di post produzione e montaggio - riescono a convivere in maniera coerente sia sul piano visivo che sul piano dei contenuti. La struttura narrativa è puramente cronologica ed è organizzata in momenti temporali successivi i cui stacchi sono immagini di fiori che sbocciano.
Puccioni non cerca virtuosismi e acrobazie, bensì costruisce un racconto in fondo semplice e senza pretese, che propone al pubblico il ritratto di una famiglia normale, o meglio di una famiglia che ricerca quotidianamente la propria normalità, e che lo fa in maniera consapevole e problematica anche nei confronti dei bambini.
Del film ho apprezzato proprio questo aspetto: di fronte a un tema certamente controverso e su cui l’opinione pubblica si divide – direi in modo particolare rispetto alla scelta di ricorrere alla gestazione per altri – Puccioni non punta al quadretto idilliaco e senza sfumature, cosa che in fondo avrebbe indebolito il suo punto di vista inevitabilmente interno. Sceglie invece di mostrare sullo schermo i propri dubbi, gli interrogativi, la ricerca quotidiana del miglior equilibrio possibile per i propri figli, che certamente non è scontata, com’è inevitabile che sia per tutto quello che cambia un istituto che per millenni ha sempre avuto le medesime caratteristiche.
Credo che questa problematicità insieme alla semplicità dell’amore che unisce questa famiglia e che ogni giorno si costruisce non solo tra genitori e figli ma anche con le figure “esterne” che hanno contribuito alla sua costituzione sia l’elemento di forza di questo racconto, per il quale va reso certamente merito a un regista umile, consapevole e capace.
Voto: 3/5
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