Un ragazzo / Nick Hornby; trad. di Federica Pedrotti. Parma: Guanda, 2014.
Siamo a Londra nei primi anni Novanta. Will è un single di 36 anni che vive di rendita grazie ai diritti d'autore provenienti da una canzoncina natalizia scritta a suo tempo da suo padre e riproposta ogni Natale in ogni forma e in ogni luogo. A differenza della maggioranza della gente, Will ha il problema di come riempire le sue giornate e la possibilità di scegliere ciò che ha voglia di fare, senza vincoli di carattere economico.
Marcus è un ragazzino adolescente un po' sfigato che vive con la madre depressa Fiona, mentre suo padre sta a Cambridge con la nuova compagna.
Questi due mondi privi di qualunque contatto sono destinati a incontrarsi più o meno per caso. Will - alla ricerca di una frequentazione femminile - comincia a partecipare alle riunioni di un gruppo di genitori single, fingendo di avere un figlio.
L'inganno sarà presto scoperto, ma mentre Will ritorna alla sua vita edonistica e blasé, Marcus comincia a presentarglisi alla porta e a voler passare del tempo con lui. A poco a poco tra i due nascerà una stramba amicizia: Will da eterno adolescente qual è insegnerà a suo modo e suo malgrado a Marcus come essere più integrato nel mondo degli adolescenti, e Marcus insegnerà a Will l'importanza e la bellezza della responsabilità che l'affetto verso un'altra persona porta con sé.
Il libro di Nick Hornby, come altri suoi romanzi, è una lettura che scorre leggera e gradevole, e che si propone come una specie di doppio romanzo di formazione: il coming of age non è infatti solo di Marcus che vive il momento del passaggio dall'infanzia verso l'età adulta, bensì anche di Will che a 36 anni persegue scientemente una vita senza impegni né responsabilità.
Crescere però vuol dire anche comprendere che abbiamo bisogno di non essere da soli, che avere una piccola rete affettiva è condizione essenziale per affrontare la vita nei momenti difficili e per goderla appieno nei momenti belli e felici.
Senza inutili intellettualismi, Nick Hornby ci ricorda che ognuno di noi è responsabile solo di sé stesso e delle proprie scelte e che non può risolvere o cambiare le vite degli altri, ma che la nostra presenza nella vita degli altri e viceversa è un valore cui non possiamo e non dobbiamo rinunciare, perché è uno dei regali più grandi che la vita ci fa.
Voto: 3/5
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