Invito a nozze / Carson McCullers; trad. di Leo Longanesi e Gino Dallari. Torino: Einaudi, 2018.
Individuo questo libro per caso in una delle tante liste di suggerimenti di lettura che mi capitano sotto gli occhi e, solo dopo averlo comprato, scopro che Carson McCullers è considerata una delle più grandi scrittrici americane, una delle voci più vere e significative della letteratura del Sud degli Stati Uniti.
Nata in Georgia nel 1917 la McCullers non ebbe certo una vita facile: a trent’anni fu colpita da un ictus che le paralizzò il lato sinistro del corpo e che la spinse a tentare il suicidio; più avanti il marito, con cui ebbe un matrimonio travagliato, cercò di convincerla a un doppio suicidio, ma Carson rifiuto e lo lasciò. Morì dopo un coma prolungato nel 1967.
Invito a nozze è considerato uno dei suoi romanzi più maturi: racconta una estate nella vita di Frankie Addams, una ragazzina di dodici anni il cui corpo si è sviluppato troppo in fretta. Frankie non ha la madre, morta al momento del suo parto, ed è cresciuta con il padre che ha un negozio di gioielli nel centro del paese. Durante l’estate, la ragazzina trascorre il suo tempo bighellonando per il paese, chiacchierando con Berenice, la governante di colore, e giocando con John Henry, il cugino più piccolo.
Di fronte all’invito al matrimonio del fratello, Frankie intravede in questo viaggio l’occasione per realizzare il suo sogno di andare via dalla famiglia e dal suo paese e di cominciare una nuova vita. Su questa idea Frankie costruisce fantasie sempre più ardite cercando nelle conversazioni con gli altri, conoscenti ed estranei, quasi una conferma della loro realizzabilità. Solo Berenice, una vera figura materna sostitutiva, cerca di riportarla con i piedi per terra e di metterla in guardia dalla possibile delusione.
Ma quella di Frankie diventa una vera e propria ossessione, fino al punto che la ragazzina vorrebbe cambiare il proprio nome in Jasmine per avere un nome che comincia con le stesse lettere dei nomi del fratello e della futura moglie.
In questa estate così decisiva nella sua crescita, Frankie sarà chiamata a fare i conti con la realtà e a sottoporre le sue idee infantili sulle persone e sul mondo alla inevitabile verifica dei fatti, scoprendo che la vita umana è spesso una prigione nella quale ognuno si porta dietro i propri dolori e fallimenti.
Nonostante l’inevitabile delusione e il senso di sconfitta che ne consegue, resta intatto in questa ragazzina lo spirito indomito e il desiderio di poter sfuggire al destino che sembra essere già stato scritto per lei.
Il romanzo della McCullers può essere considerato un anomalo racconto di coming of age, in cui il passaggio alla vita adulta non comporta la rassegnazione e l’abbandono dei sogni d’infanzia, bensì la capacità di continuare a perseguirli nonostante le delusioni e i cambiamenti nel contesto.
Grazie anche alla scrittura sopraffina della McCullers, che è forse la vera forza di questo racconto, il personaggio di Frankie risulta vivido nell’immaginario del lettore, e si configura non solo come una originale e affettuosa rappresentazione dell’inquietudine tipicamente pre-adolescenziale, ma anche come l’emblema della condizione propria dell’essere umano, il cui destino è profondamente legato al luogo e alla situazione nei quali nasce e rispetto ai quali c'è bisogno di una vita intera prima per riconoscere quello che si vuole veramente e poi per trovare i modi per realizzarlo.
Voto: 3,5/5
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