In occasione della mostra Metropoli dedicata al lavoro fotografico di Gabriele Basilico (e che conto di vedere al più presto), il Palazzo delle Esposizioni ha organizzato un ciclo di incontri e di proiezioni intitolato "La democrazia dello sguardo". Il programma è molto interessante, ma - considerati tutti gli altri impegni - io riesco ad andare solo alla proiezione del documentario dedicato alla fotografa americana Annie Leibovitz, Life through lens.
Il documentario racconta la vita della fotografa attraverso la sua carriera, dall'esordio con la rivista "Rolling Stone" alla fama internazionale legata soprattutto ai ritratti ambientati di personaggi famosi e star di varia provenienza. In questo percorso non manca il richiamo agli eventi importanti della sua vita personale: la numerosa famiglia di provenienza, la dipendenza dalla droga e la successiva disintossicazione, l'incontro con Susan Sontag e la lunga storia con lei, i tre figli.
L'idea che passa attraverso il film - e che la stessa Leibovitz per prima avalla - è che non esiste una vera separazione nella sua vita tra la persona e la fotografa, perché tutto della sua vita è passato attraverso la macchina fotografica. Non a caso il film è anche l'occasione per guardare alla sua produzione fotografica in maniera più ampia, al di là dei confini della fotografia di moda e di quella dello star system, per conoscere da un lato i suoi reportage più impegnati, dall'altro le sue attività fotografiche più private e intime.
Belle anche le interviste ai numerosi cantanti, attori, politici, ballerini da lei fotografati, che ne raccontano lo stile relazionale e fotografico, in particolare la sua straordinaria capacità di entrare nella loro quotidianità rendendo praticamente invisibile la sua macchina fotografica e facendo dimenticare la presenza dell'obiettivo. Molto interessanti anche le storie che si nascondono dietro alcune delle sue fotografie più famose, come ad esempio quella dell'abbraccio tra sul letto tra Yoko Ono e un John Lennon nudo e rannicchiato.
Dal punto di vista cinematografico, il documentario - diretto dalla sorella di Annie, Barbara - non mi ha molto convinto con il suo montaggio nervoso e un po' disordinato. La visione è però consigliabile a tutti coloro che abbiano un qualche interesse nella fotografia e vogliano approfondire un personaggio importante della storia fotografica recente qual è Annie Leibovitz.
Voto: 3/5
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