Massimiliano Bruno è un regista e sceneggiatore piuttosto noto al grande pubblico, grazie al successo di alcuni film da lui diretti e scritti, come ad esempio Nessuno mi può giudicare o Beata ignoranza fino ad arrivare al recente Non ci resta che il crimine, e di quelli da lui sceneggiati, tra cui Notte prima degli esami, Ex, Maschi contro femmine. Molti probabilmente ce l'hanno presente per i ruoli interpretati in Boris e L'ispettore Coliandro.
Bruno è però anche autore teatrale, e Zero è uno spettacolo del 2005 cui è particolarmente affezionato, a suo dire una delle cose migliori che abbia scritto.
L'anno scorso per i 100 anni del Teatro Eliseo di Roma, lo spettacolo è tornato in scena e ha avuto un tale successo che il Piccolo Eliseo lo ha riproposto in cartellone anche quest'anno.
Ed eccoci dunque in seconda fila ad assistere a questo giallo teatrale, impreziosito dall'esecuzione dal vivo delle musiche a opera di un quartetto formato da violoncello, chitarre, batteria e tastiere (Massimo Giangrande, Andrea Biagioli, Fabrizia Pandimiglio e Augusto Zanonzini). I quattro musicisti sono collocati dietro una doppia quinta semitrasparente, in cui si aprono spazi che permettono al protagonista di entrare e uscire dal primo piano, e ad ogni entrata trasformarsi nel personaggio che interpreta.
Sì, perché protagonisti dello spettacolo sono cinque personaggi, ora adulti, ognuno con il proprio lavoro e la propria vita in parti diverse dell'Italia, che però convergono verso un paese della provincia di Cosenza, dove vive il loro amico Antonio, che fa il postino e tutti chiamano "cacasotto", e dove tutti loro hanno un conto in sospeso da regolare che risale a vent'anni prima, una vicenda di sangue che ha segnato le loro vite per sempre.
Massimiliano Bruno, magistralmente diretto da Furio Andreotti, interpreta tutti e cinque i personaggi (e non solo): Antonio il "cacasotto", Walter, il comico che porta in giro i suoi spettacoli e intanto litiga con la moglie per la gestione della figlia, Gianluca che ha deciso di abbandonare la divisa da poliziotto, Margherita, una timida giornalista, Andrea che fa assistenza ai tossicodipendenti ma è un tipo molto taciturno. C'è infine Peppino, un tempo loro amico, ma ormai totalmente assorbito nella sfera di influenza del padre, l'Onorevole Rizzo, boss locale della 'ndrangheta.
Bruno conferisce a ciascuno di questi personaggi una caratterizzazione che ne rivela modi di essere e provenienza regionale, e gli consente di portare avanti una narrazione a più voci senza mai creare confusione nello spettatore, e anzi suscitando riso, commozione, rabbia a seconda dei momenti e delle circostanze.
Il suo testo è ben scritto e mirabilmente in bilico tra ironia e dramma, e conquista per la sua costruzione e per la capacità di rappresentare una specifica realtà etnoantropologica, ma anche il dramma universale dei deboli e degli indifesi schiacciati dalla violenza e dal sopruso.
Voto: 3,5/5
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