Sulla spinta dei commenti di amici e conoscenti e delle lusinghiere recensioni pubblicate in rete, decido di andare a vedere l'ultimo film di Checco Zalone (al secolo Luca Medici, mio conterraneo molto prossimo: è di Capurso).
Non sono tra quelli pregiudizialmente contrari ai film del comico pugliese (che è anche cantautore, attore e sceneggiatore) e in passato ne ho visti almeno un paio, però non posso nemmeno dire di essere davvero una fan. La sua comicità - che pure risveglia in me mondi e modalità che conosco molto bene e che molto hanno a che fare con la terra dalla quale provengo - non sempre è pienamente nelle mie corde, soprattutto quando si fa eccessivamente greve o demenziale.
Ciò detto, riconosco in Luca Medici delle qualità non scontate, che si esplicano soprattutto nella sua capacità di portare alla luce del sole - attraverso il personaggio di Checco Zalone - molte delle caratteristiche dell'italiano medio e di farlo in modo nient'affatto snob e spocchioso, bensì empatico e affettuoso.
Ciò che trovo apprezzabile dei film di Checco Zalone è una libertà di pensiero sulla base della quale la sua satira può colpire chiunque e lo fa in modo spesso politicamente scorretto: ad esempio, in Tolo Tolo sotto queste forche caudine passano le forze armate così come le associazioni no-profit pro-migranti.
Abbandonato il tradizionale compagno di scrittura, Gennaro Nunziante (autore e regista per i mitici Toti e Tata), e invece affiancato qui per la prima volta da Paolo Virzì alla sceneggiatura, Luca Medici racconta la storia di Checco, un imprenditore con grandi idee che, dopo il fallimento dell'apertura di un sushi bar a Spinazzola, il suo paese d'origine, pieno di debiti verso parenti e Stato, scappa in Africa a lavorare come cameriere in un resort di lusso, dove finiscono ricchi italiani che hanno o hanno avuto qualche problema col fisco.
Alla ricerca di una crema antirughe nel vicino villaggio insieme all'amico Oumar (Souleymane Silla), Checco si trova coinvolto in un attacco terroristico ed è costretto a fuggire. Deciderà infine di intraprendere il viaggio della speranza con cui i migranti africani tentano di arrivare in Europa e lo farà insieme a Oumar, alla giovane Idjaba (Manda Touré) e al piccolo Doudou, affrontando numerose traversie, mentre in Italia i suoi parenti sperano nella sua morte che azzererebbe il debito e interromperebbe i pignoramenti.
Con lo stile scanzonato e quasi ingenuo che lo caratterizza, Checco indifferentemente conferma o capovolge gli stereotipi, mostrando un punto di vista originale su una questione di tutta attualità e attingendo al repertorio musicale popolare italiano, oltre che a composizioni originali a esso ispirato (per esempio il tormentone Immigrato), nonché addirittura al linguaggio di animazione per affrontare in modo leggero e divertito temi scomodi (come quando deve spiegare ai bambini africani perché sono nati in Africa e non altrove).
Leggo da più parti che in Tolo Tolo Checco Zalone non fa più tanto ridere e invece punta più a far riflettere. Sarà forse che io non mi ricordo perfettamente i film precedenti, ma a me sembra che, a parte la cogente attualità del tema trattato, che è un inevitabile catalizzatore dell'emotività collettiva, l'approccio di Zalone non è cambiato rispetto al passato. Forse accade "semplicemente" che mentre i temi-bersaglio della comicità di Zalone erano in passato più trasversali e condivisibili, questa volta la tematica risulta per sua stessa natura divisiva, e chi arriva in sala sperando di poter ridere delle prese in giro di Zalone potrebbe essere in difficoltà, mentre gli intellettuali del Paese sguazzano nei paragoni con la commedia all'italiana classica.
Se i mali del nostro Paese continuano a trovare un pubblico ricettivo grazie al linguaggio nazionalpopolare di Zalone (il degrado della politica, l'eccesso di burocrazia, il culto dell'apparenza ecc.), il tema degli immigrati presuppone un'evoluzione del "cozzalone" protagonista del film che non è affatto scontata.
A me personalmente il film non dice molto di nuovo (ho trovato adorabile però il cameo autoironico di Nichi Vendola), anzi sconfina a più riprese nel banale, pur facendomi ridere più che altro per gli echi del mio passato che in esso ritrovo, ma sarei molto curiosa di sapere come l'hanno interpretato gli oltre 6 milioni di spettatori che l'hanno visto fin qui (e che certamente non appartengono tutti alla nicchia degli habitué del cinema e che probabilmente sono invece un po' più rappresentativi della popolazione italiana nel suo complesso).
Voto: 3/5
Anch'io ho sempre guardato Zalone senza pregiudizi e assolutamente ben disposto: credo che questo film sia effettivamente un salto di qualità rispetto alla sua produzione passata, non fosse altro che qui abbiamo una sceneggiatura "vera" (la mano di Virzì si sente eccome) una trama e una struttura filmica di ben altro spessore rispetto alle precedenti (fatte di sketch comici appiccicati assieme, un po' come i primi Fantozzi). Hai assolutamente ragione quando dici che stavolta la tematica è certamente divisiva (non a caso gli incassi sono molto minori - si fa per dire, eh! - rispetto a "Quo Vado") ma questo lo trovo un atto di coraggio di un comico che ha deciso di intraprendere una strada più difficile e più meritevole.
RispondiEliminaSicuramente a Luca Medici il coraggio (e la libertà di pensiero) non mancano. Grazie Kris!
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