Asimmetria / Lisa Halliday; trad. di Federica Aceto. Milano: Feltrinelli, 2018.
Avevo affrontato la lettura di questo libro con entusiasmo e grandi aspettative, avendone letto ovunque elogi e meraviglie. L'opera prima di Lisa Halliday è infatti considerata quasi unanimemente uno dei casi letterari del 2018 e la sua autrice una vera e propria rivelazione.
Faccio dunque fatica a scriverne qui in maniera meno che entusiastica. Devo però confessare che Asimmetria non mi è piaciuto granché e ho fatto una fatica enorme ad arrivare all'ultima pagina, complice il fatto che non sono riuscita a entrare in sintonia con i personaggi e la lettura non mi ha comunicato emozioni particolari.
Il libro si articola in tre parti. La prima, Follia, vede protagonisti un vecchio scrittore blasonatissimo, Ezra Blazer, vincitore del Pulitzer, e Alice, una giovane redattrice di una casa editrice che forse aspira a diventare scrittrice, ma intanto non ha ancora le idee chiare su quello che vuole fare della sua vita.
I due si incontrano sulla panchina di un parco e iniziano una relazione, certo una relazione anomala, vista la differenza di età - e non solo - ma pur sempre una relazione che, oltre alla passione condivisa per il baseball, sembra avere un significato più profondo per entrambi.
Questa parte del libro è stata la più chiacchierata perché pare sia ispirata all'autobiografia della scrittrice, che ha avuto, quand'era molto giovane, una storia con il grande scrittore Philip Roth.
La seconda parte si intitola Pazzia e ha come protagonista Amar Jafaari, un economista di origine irachena che è di passaggio all'aeroporto di Heathrow a Londra, ma viene qui fermato per una serie di controlli più approfonditi. Tra un controllo e l'altro Amar ci racconta pezzi della sua storia, di come la sua famiglia si sia trasferita in America, suo fratello abbia deciso di tornare in Iraq e alcune altre vicende che hanno segnato la sua vita.
L'ultima parte, Desert island discs, vede di nuovo protagonista Ezra Blazer, questa volta ospite della nota trasmissione radiofonica in cui si devono scegliere i dischi che si porterebbero con sé sull'isola deserta. Nel corso dell'intervista c'è un breve accenno, non del tutto esplicito, ad Alice e al fatto che possa essere lei l'autrice del racconto Pazzia.
I critici si sono scatenati nel trovare correlazioni tra quanto letto e il titolo scelto dalla Halliday, riconoscendo le molteplici 'asimmetrie' presenti nel romanzo: tra vecchiaia e giovinezza, salute e malattia, fama e ordinarietà, Oriente e Occidente ecc. Ma a me sembra un po' pochino per parlare di un grande romanzo.
Ciò che, dal mio punto di vista, va invece certamente riconosciuto alla Halliday è la qualità della scrittura, che forse rappresenta il principale motivo che mi ha spinto ad andare avanti nella lettura pur non essendo particolare presa dalla narrazione. Il che poi non vuol dire che non abbia trovato alcuni spunti interessanti e talvolta persino illuminanti, ma sono abbastanza sicura che - a parte queste poche cose - quello che ho letto scivolerà via dalla mia memoria in un battito di ciglia.
Voto: 2,5/5
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