Lo spettacolo di Stefano Massini, Magari ci fosse una parola per dirlo, fa parte del Lunga Vita Festival, uno degli appuntamenti dell'estate romana (che sebbene si svolga da tre anni è pressoché sconosciuto e solo il fiuto di F. poteva scovarlo!). Il festival - oltre ad avere un programma parecchio interessante - ha il valore aggiunto di una location molto suggestiva, l'Accademia nazionale di danza sull'Aventino, un posto magico immerso nel verde.
Dopo lo spostamento di data da lunedì a causa della prevista pioggia (che poi in realtà non c'è stata), finalmente possiamo goderci la magia creata da quello straordinario affabulatore e raccontastorie che è Stefano Massini.
Con questo spettacolo siamo dalle parti del suo libro Dizionario inesistente, la cui premessa è che ogni lingua è il riflesso di una cultura e proprio per questo le parole che esistono e che non esistono sono lo specchio della sua storia e dei suoi valori. Di fronte alla frustrazione di non avere parole sintetiche e adatte a parlare di alcuni stati d'animo e di dover ricorrere a perifrasi, Massini decide che le parole si possono anche inventare a partire da specifici personaggi e narrazioni.
E così, a partire dalla storia del condottiero veneziano Francesco Morosini che, mandato a difendere Candia, la capitale di Creta, dall'assedio degli ottomani, resistette per 23 anni e poi decise di mollare e tornare a Venezia, ci parla dei neologismi "bastitudine" o "morosinità", che indicano quello stato d'animo per cui a un certo punto della vita si decide di abbandonare un'impresa perché non si vede più un senso in essa.
Da qui prende l'avvio una lunga e affascinante cavalcata al galoppo di storie piccole e grandi, vere o parzialmente leggendarie, che sono l'occasione per parlare di sentimenti e di condizione umana, di un mondo che non c'è più ma anche di situazioni che sono sempre attuali.
Massini - cui va riconosciuta una straordinaria padronanza del racconto e una memoria che sinceramente mi fa molta invidia - ci parla così del grande interesse dell'uomo per il volo raccontandoci le storie di Kanellos Kanellopoulos, dei fratelli Montgolfier e dei fratelli Wright, la incredibile vicenda della battaglia di Karánsebes e del fuoco amico che sterminò un intero esercito di austro-ungarici, la penosa storia del signor Mordake e della malformazione fisica che lo aveva fatto nasce con una seconda faccia sulla nuca, l'ossessione per il lavoro del conte di Olivares, i motivi del fallimento della missione dell'Apollo 1, la ricerca impossibile di una comunicazione con l'aldilà di Bess, la moglie del mago Houdini, e molto altro...
In questo bel monologo Massini dimostra - se ancora ce ne fosse bisogno - due straordinarie capacità: innanzitutto quella di condurci alla scoperta di storie incredibili di varia umanità, più o meno famosa, ch'egli non si si sa bene come faccia a scovare, in secondo luogo quella di raccontarcele con uno stile di narrazione che cattura ed emoziona. E così durante quest'ora di spettacolo proviamo la sensazione che forse dovevano provare in altre epoche tutti coloro che - in società più fondate sulla tradizione orale - si riunivano intorno all'aedo, al menestrello, al cantastorie per ascoltare i suoi racconti ed essere trascinati in un mondo altro.
La cosa bella - che Massini chiarisce fin dal principio - è che, in un'epoca di narrazioni messe al servizio del marketing e della propaganda, l'autore fiorentino predilige la narrazione utile, ossia pur attingendo agli espedienti narrativi più moderni (ma in fondo anche tradizionali e forse solo riscoperti dalla modernità), li mette al servizio di un discorso intimo e al contempo civile, in un costruttivo stimolo alla riflessione individuale e di gruppo che non si può che apprezzare e salutare con favore.
Avevo visto diversi spettacoli a teatro basati su suoi testi; a questo punto mi è venuta anche voglia di leggere qualche suo libro.
Voto: 4/5
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