Sergio Rubini, in veste di regista e attore, si è imbarcato in un progetto sicuramente ambizioso, quello di portare a teatro alcuni classici della letteratura mondiale, in particolare quelli da lui più amati e che più significato hanno avuto nella sua personale formazione.
La formula con cui vengono portati a teatro è una formula certamente originale e in parte sperimentale, come già visto con il primo lavoro di questo progetto, Delitto e castigo, che avevo visto a teatro l'anno scorso con grande soddisfazione.
Proprio sulla spinta dell'ottima impressione avuta dal precedente spettacolo, anche quest'anno io e F. abbiamo voluto dare fiducia alla coppia Rubini-Lo Cascio, che questa volta si cimentava con un classico della letteratura gotico-romantica, Dracula, scritto nel 1897 da Bram Stoker.
Come si accennava, la messa in scena riproduce le modalità già sperimentate con Delitto e castigo. Sul palco, oltre agli attori, trova collocazione - sebbene nascosto - un tecnico del suono che non solo gestisce gli effetti sonori dei microfoni che tutti gli attori portano attaccati al viso, ma sonorizza tutta l'azione, amplificando, sottolineando o aggiungendo suoni e rumori a quanto accade sul palco.
L'occasione della visione di questo spettacolo è buona per approfondire la storia originale del Dracula di Bram Stoker, che a volte si tende a dimenticare o ignorare sommersa dalle valanghe di rivisitazioni e semplificazioni che ne sono state tratte.
I protagonisti dunque sono il giovane avvocato Jonathan Harker (Luigi Lo Cascio), sua moglie Mina, lo psichiatra Seward, il professor Van Helsing (Sergio Rubini) e ovviamente il Conte Dracula.
La storia è un po' il tipico "polpettone" (fatemi passare l'espressione) ottocentesco, cui la messa in scena cerca di restare molto fedele sia nell'evoluzione della narrazione che nelle atmosfere.
Il fatto è che l'effetto ottenuto - e forse anche inevitabile proprio per questa fedeltà all'originale - risulta a tratti stucchevole e in alcuni casi persino esilarante (per esempio quando compare in scena il Conte Dracula che parla in russo).
Non si può dire che lo spettacolo sia confezionato male, e anzi dal punto di vista delle scelte registiche e sceniche è certamente apprezzabile, ma alla fine la sensazione - a differenza di quanto era accaduto per Delitto e Castigo - è quella di una storia che non riesce a nascondere i suoi anni e che la confezione se vogliamo ipermoderna, con un linguaggio a metà strada tra quello cinematografico, quello teatrale e quello radiofonico, non solo non aiuta a superare, ma addirittura finisce per accentuare.
Il pubblico al termine sembra spaccato a metà. Ci sono gli entusiasti che si spellano le mani in applausi e i tiepidi/scontenti che escono dal teatro mentre diluvia e si stanno chiedendo perché abbiamo deciso di uscire di casa in un sabato pomeriggio di un tempo da lupi per venire a vedere questo lavoro poco riuscito. Io sinceramente mi sento di appartenere di più a questa seconda categoria. Non me ne vorrà Rubini, a cui concederò certamente un'altra possibilità, se decide di proseguire in questo progetto.
Voto: 2,5/5
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