Tina (la strepitosa Eva Melander) lavora alla dogana e vive insieme a un amico/fidanzato in una casa in mezzo ai boschi. Il suo aspetto è decisamente poco ordinario e un po’ repellente – come gli sguardi degli altri non mancano di farle notare -; il suo essere ha un che di animalesco, così come animalesche sono alcune sue caratteristiche decisamente straordinarie, come l’olfatto sviluppatissimo capace di cogliere anche le emozioni delle persone e un feeling particolare con gli animali del bosco, mentre invece i cani domestici le abbaiano impazziti. Tina ha un padre, forse avviato sulla strada della demenza, che va regolarmente a trovare in una casa di cura.
Un giorno, durante il lavoro, Tina incontra Vore (Eero Milonoff), di cui percepisce l’affinità ma che al contempo le causa una sorta di inquietudine. Vore la incuriosisce e la attrae irresistibilmente, al punto da offrirgli di stabilirsi nel capanno vicino casa sua. La vicinanza di Vore e la crescente intimità con lui le permetteranno di conoscere la verità su sé stessa e di comprendere alfine la sua effettiva identità, una scoperta straordinariamente vivifica e liberatoria, ma anche sconvolgente nella misura in cui la spinge a riconsiderare il passato e la mette di fronte a scelte non semplici.
Mentre è in atto questo processo di scoperta di sé, Tina si trova coinvolta attivamente in un’indagine – di cui lei stessa ha reso possibile l’avvio – che rivela un grosso giro di pedofilia perpetrato da persone apparentemente normali su bambini piccolissimi. La rivelazione di tutte le verità su Vore e la sua storia con lui procederà parallela all’indagine della polizia fino a metterla di fronte a decisioni che interpellano la sua coscienza.
Quello di Ali Abbasi, il regista iraniano che vive ormai da tempo in Svezia, è – come è stato osservato – un fantasy realistico, che attinge a piene mani all’immaginario della mitologia scandinava portandolo però all’interno di una realtà riconoscibile e plausibile e facendone, proprio per questo, un prodotto unico nel suo genere. Certamente il film deve molto anche alla scrittura di John Ajvide Lindqvist, già autore del celebre romanzo Lasciami entrare, nonché del racconto a cui il film di Abbasi è ispirato.
Dentro questa confezione sorprendente in cui si mescolano molteplici generi – dal fantasy appunto al poliziesco, dall’horror al dramma toccando finanche la commedia – Abbasi riesce a iniettare occasioni di riflessione ad ampio spettro, dalla ricerca dell’identità al concetto di normalità, dal rapporto con le minoranze all’universalità dei valori morali, dall'incontro con il simile al riconoscimento delle differenze, dall’amore alla violenza.
In particolare ho trovato mirabile il percorso che conduce lo spettatore da una sensazione di disagio e disgusto nei confronti di Tina fino all’identificazione piena con il suo processo di liberazione e di appropriazione dell’identità: le scene di Tina e Vore che corrono nei boschi e fanno il bagno nudi nel fiume, nonché quelle dei loro amplessi amorosi e del primo orgasmo di Tina, trasmettono una gioia che va al di là dei corpi animaleschi dei due e che appartiene a tutti coloro che nella vita hanno compiuto un percorso di riconnessione con sé stessi, quella che io chiamo la seconda nascita, e che è il momento in cui finalmente non ci si sente più fuori posto ma riconciliati con sé stessi e con la propria natura, e che passa anche - ma non solo - attraverso l'incontro con l'altro.
All’uscita dalla sala, la quantità di commenti e riflessioni che si condividono (scambio in cui mi pare tutti gli spettatori sono impegnati, anche quelli a cui il film non è piaciuto) è la conferma della densità di questo film che – attraverso il suo sguardo laterale – ci conduce al cuore di molte tematiche universali e insieme contemporanee.
E, alfine, ci lascia con un messaggio di speranza, ossia che si può essere diversi e irriducibili nella propria diversità, ma condividere gli stessi valori, e che anzi proprio la possibilità per ciascuno di essere quello che è senza assimilazioni forzate rappresenta la condizione migliore non solo della felicità individuale, ma anche del benessere collettivo.
Nella sua apparente follia il film di Abbasi colpisce dritto al cuore, ed è destinato a rimanere negli occhi e nella mente a lungo.
Voto: 4/5
Uno dei migliori film dell'anno, un film che è difficile inquadrare in un solo genere (horror, grottesco, melodramma) ma che fa di questa commistione la sua forza. Oltre ovviamente al messaggio di uguaglianza e rispetto verso tutti i "diversi", tema assai caldo di questi tempi.
RispondiEliminaGrazie Kris! Sempre puntuale e direi che viaggiamo in gran parte sulla stessa linea :-)
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