Nonostante la stanchezza di un lunedì piuttosto fiacco, decido di non perdere l'appuntamento con Mirai, l'anime di Mamoru Hosoda, di cui a suo tempo avevo visto La ragazza che saltava nel tempo, e non me ne sono pentita.
Il film di Hosoda è la storia di Kun, un bambino di quattro anni, che vive a Yokohama in una casa molto originale insieme a suo padre architetto e sua madre. Quando i genitori tornano a casa con la nuova sorellina piccola, Kun - dopo l'entusiasmo iniziale - capisce che gli equilibri familiari cambieranno completamente e comincia a provare una gelosia feroce nei confronti della sorella.
Durante i suoi sempre più numerosi capricci si rifugia nel giardino interno della casa, dove scopre che l'albero lì piantato è un albero magico, capace di farlo viaggiare nella storia passata e futura della sua famiglia.
Kun avrà così la possibilità non solo di incontrare Mirai, sua sorella, ormai adolescente, ma anche il suo bisnonno ferito in guerra, sua madre da piccola, disordinata come lui, suo padre ancora ragazzino che faceva fatica a imparare ad andare in bicicletta, nonché lui stesso ormai grande.
Quando in uno di questi viaggi nel tempo si perderà nella stazione di Tokyo e rischierà di essere allontanato definitivamente dalla sua famiglia, Kun capirà l'importanza dei legami e la profondità dell'istinto che ci lega affettivamente ai nostri cari.
A poco a poco Kun capirà - senza gli intellettualismi che sono estranei alla sua età - di essere un ingranaggio in una storia familiare che oscilla tra l'unicità delle vite dei singoli e la ciclicità dei processi che si ripetono, e che in questa storia ognuno è chiamato a svolgere il suo ruolo e ad assumersi la responsabilità del futuro (Mirai significa appunto "futuro") imparando dal passato.
Tutto questo Hosoda ce lo dice mettendosi ad altezza di bambino e guardando il mondo con i suoi occhi, catapultandoci dunque in un universo fatto di tenerezza infinita, di fantasia, di giocosità, ma anche di cattiveria gratuita, di paure profonde, di testardaggine.
La nota simpatica del film è stata avere dietro di me in sala una ragazzina di circa 6 anni con il padre, che cantava le canzoni di testa e di coda senza saperle, rideva senza freni e, a un certo punto, quando Kun si perde nella stazione di Tokyo e rischia di essere portato via dalla sua famiglia per sempre, se n'è uscita dicendo: "Ma questo film è brutto!!!!" :-D
Voto: 3,5/5
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