Janet (Kristin Scott Thomas) è appena diventata Ministro della salute del governo ombra britannico e ha deciso di organizzare una festa a casa con i suoi amici più cari. Mentre è di là in cucina a preparare e suo marito Bill (Timothy Spall) è in sala sulla poltrona con lo sguardo fisso sul giardino e attento solo a cambiare i vinili, arrivano uno dopo l’altro l’amica April (Patricia Clarkson) con il marito new age Gottried (Bruno Ganz), l’amica lesbica Martha (Cherry Jones) presto raggiunta dalla compagna (Emily Mortimer) che aspetta tre bambini a seguito dell’inseminazione artificiale, e Tom (Cillian Murphy), il marito di Marianne, la collaboratrice di Janet e amica di famiglia che invece si fa attendere. Tutti sembrano in preda a una qualche forma di isteria e la serata diventerà presto l’occasione per far emergere segreti e tensioni.
Quello della cena o festa o piccola vacanza tra amici destinate a far esplodere le dinamiche relazionali è uno dei soggetti da sempre più utilizzati al cinema, a tutte le latitudini e in tutti i contesti culturali.
Tra le cose più recenti che ho visto e che il film di Sally Potter mi ha in qualche modo riportato alla mente ci sono l’italianissimo Perfetti sconosciuti e il francesissimo Piccole bugie tra amici. So che molti storceranno il naso a questi miei paragoni. Ovviamente di differenze ce ne sono tante, ma queste differenze sono fondamentalmente di tipo culturale e in qualche modo esterno: i protagonisti di Perfetti sconosciuti incarnano molto quel mix di comicità compagnona e malinconia un po’ cinica tipicamente italiana, quelli di Piccole bugie tra amici trasudano da tutti i pori la filosofia del bien vivre tipicamente francese. E qui i protagonisti di The party sono la massima rappresentazione dello humour - più o meno nero - tipicamente britannico.
Un’altra differenza merita di essere sottolineata ed è il diverso livello di permeabilità di questi gruppi di amici al contesto sociale e politico circostante. Nel film italiano il mondo esterno è praticamente assente, nessun riferimento (o quasi) alla condizione sociale e politica dell’Italia; più o meno lo stesso nel film francese, sebbene in questo caso i protagonisti siano chiaramente l’espressione di quel mondo radical-chic, alternativo e un po’ new age che in fondo è anch'esso il portato di un’evoluzione socio-culturale.
Nel film di Sally Potter invece i personaggi sono quasi inscindibili dall’universo politico e sociale dal quale provengono; e non solo perché la protagonista Janet è impegnata in politica ed è stata nominata ministro ombra, ma anche perché in qualche modo tutti esprimono posizioni “politiche”, anche quando sono posizioni di profonda delusione verso la politica come nel caso di April o quando sono scelte che attengono alla vita privata, come quella di avere figli con l’inseminazione per la coppia lesbica. Anche il “confronto” tra Janet, rappresentante delle politiche pubbliche per la salute, e Gottfried, critico acerrimo della medicina occidentale e sostenitore di una medicina alternativa, nonché la rivelazione di Bill di essersi fatto visitare da un medico privato, sono tutte questioni che pur attenendo alla sfera personale divengono inevitabilmente una riflessione ironica di carattere certamente più ampio e che va al di là dei personaggi. Persino lo stato iper-ansioso di Tom sembra in parte avere a che fare non solo con i suoi tormenti sentimentali, ma anche con quel mondo iper-competitivo nel quale lavora, ossia la finanza.
E però, nonostante queste differenze, l’umanità alla fine resta la stessa ovunque e le dinamiche relazionali si assomigliano tutte, tra frustrazioni, ipocrisie, tradimenti, insoddisfazioni, paura del futuro, e sostanziale autoreferenzialità di ciascuno di questi adulti, ognuno impegnato a perseguire qualche brandello di felicità indipendentemente e forse nonostante la vita nella quale si trova a vivere, tutti sospesi sul filo di quel fragilissimo equilibrio emotivo – più o meno patologico o idiosincratico – sul quale si regge la vita di tutti noi e col quale noi e chi ci circonda - non potendo farne a meno - giochiamo pericolosamente tutti i giorni.
Una nota finale per la bella colonna sonora, il coraggio della scelta del bianco e nero e la durata – eccezionalmente contenuta e non strabordante come invece ormai è d’uso nel cinema – che caratterizzano questo film.
Voto: 3,5/5
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