Come si sa, amo molto l'Orchestra di Piazza Vittorio e ne seguo il percorso ormai da parecchi anni. Trovo affascinante l'esperienza di questo gruppo - che ha un nucleo storico ma si amplia a ospitare nelle varie circostanze altri artisti - nella costruzione di un ensemble multietnico, capace di reinterpretare, in questa chiave, espressioni musicali della tradizione "occidentale".
In particolare, l'Orchestra di Piazza Vittorio ha un feeling speciale con Mozart. Così, dopo aver portato in scena a suo tempo Il flauto magico, ritorna sul palcoscenico del Teatro Olimpico con il Don Giovanni che Mozart musicò sul libretto di Lorenzo Da Ponte.
Anche questa volta arrivo a teatro sapendo poco o niente sull'opera di Mozart. Conosco a grandi linee le caratteristiche del personaggio principale dell'opera e qualche aria particolarmente famosa (ad esempio, Là ci darem la mano...), ma non conosco la storia nei dettagli né i personaggi.
Quindi vengo catapultata in questo Don Giovanni "glamour e iconoclasta" - come è stato definito - provando a districarmi nella rilettura che Mario Tronco e la sua Orchestra hanno fatto di quest'opera.
E così mi trovo di fronte a un Don Giovanni cui tutti si rivolgono come fosse un uomo e che è vestito da uomo, ma che è una donna (la scatenata Petra Magoni), a un'ambientazione anni '20 da Jazz club, a una rilettura musicale che come al solito spazia tra i generi e tra i continenti, ritornando di tanto in tanto all'opera, a un mix di lingue e di culture che trasformano il Don Giovanni di Mozart in una storia multietnica.
Questa volta l'Orchestra di Piazza Vittorio moltiplica ulteriormente i piani di lettura e i fattori di interferenza che trasformano un testo classico - per quanto già di per se stesso piuttosto dirompente - in un caleidoscopio in cui personaggi, situazioni e parole si riflettono e rifraggono in modo originale e inaspettato.
L'Orchestra di Piazza Vittorio - da sempre abituata a mettere in discussione stereotipi e pregiudizi - allarga ancora più le maglie della narrazione, includendo in questo Don Giovanni - oltre ai più classici, per loro, temi dell'etnia, della cultura e della lingua - quello del genere e delle sue implicazioni.
Peccato per l'assenza di un componente molto rappresentativo dell'Orchestra, Omar Lopez Valle (ammalato), che viene però degnamente sostituito da un Leporello con una gran voce.
Voto: 3/5
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