Per quest'anno riesco a partecipare solo a una serata della rassegna "Da Venezia a Roma" e scelgo la sera in cui vengono proiettati il cortometraggio The millionaires per la regia di Claudio Santamaria, alla sua presenza, e il film di Nathan Silver, Thirst Street.
The millionaires
Il corto di Santamaria è tratto da un racconto breve a fumetti di Thomas Ott (che io - pur appassionata di fumetti - non conosco, ma che il regista ci dice essere uno dei suoi preferiti). L'atmosfera è quella di un noir con tutti i crismi. Un auto percorre una strada nella notte con all'interno un uomo molto agitato che trasporta una valigia piena di soldi. Questa valigia scatenerà la cupidigia di numerosi personaggi e determinerà una catena di eventi violenti.
Il film è stato girato nell'area del parco del Pollino, a cavallo tra la Basilicata e la Calabria.
Interessante questo esordio alla regia di Santamaria, il quale - come risulta evidente - si mette alla prova su un'ambientazione e uno stile a lui congeniali, però dimostrando una buona padronanza del mezzo.
A questo punto lo aspettiamo alla prima prova registica sul lungometraggio.
Voto: 3,5/5
Thirst Street
Il film di Nathan Silver racconta la storia di Gina (Lindsay Burdge), un'assistente di volo un po' insicura che - dopo il suicidio del suo compagno - incontra Jerome (Damien Bonnard) in un locale parigino e se ne innamora. Inizialmente pensa che l'amore sia corrisposto, ma di fronte a numerosi segnali del fatto che Jerome non vuole una storia con lei e ha addirittura un'altra fidanzata, Gina entra in una spirale ossessiva e comincia a perseguitare Jerome, autoconvincendosi dell'amore di lui.
Thirst Street è un film piuttosto bizzarro che oscilla tra il drammatico e il grottesco.
Sembra la versione cinematografica di un fotoromanzo in versione - diciamo così - "distopica". E dico questo soprattutto per alcuni elementi stilistici scelti dal regista, tra cui la asettica voce femminile fuori campo che racconta le vicende di Gina, e per il girato con i colori a tratti desaturati.
La storia di Gina crea nello spettatore un senso di disorientamento, e i sentimenti che la sua ossessione suscita vanno dalla compassione alla rabbia al sorriso amaro. Da un lato è inevitabile prendere le distanze e pensare che a noi non accadrebbe mai una cosa del genere, dall'altro non si può restare estranei e indifferenti di fronte alle conseguenze - in questo caso anche un po' grottesche - della solitudine, sentimento da cui nessuno di noi può dirsi immune.
Voto: 3/5
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