Un paio di anni fa Daniel Green aveva portato il suo progetto musicale, Laish, ad Unplugged in Monti in versione solista per presentare il suo lavoro Obituaries, un album che avevo ascoltato e amato molto. Purtroppo quella sera non ero veramente riuscita a godermi il suo concerto, perché ero arrivata tardi e davanti a me, nella piccola saletta del Blackmarket, c'era una muraglia umana che mi consentiva solo di sentirne la voce.
E così, questa volta, visto che Daniel Green torna in full band per presentare il nuovo album, Pendulum swing, decido che non posso perderlo e mi prenoto quasi immediatamente, trascinando anche F.
Mentre sto parcheggiando il motorino al mio solito posto vedo Green che scende giù per via Panisperna e gli faccio un sorriso, ma lui ovviamente mi guarda stranito. Poi lo rincontro faccia a faccia nella zona bar del Blackmarket e forse capisce perché gli avevo sorriso.
All'inizio del concerto, Daniel Green – accompagnato da altri due musicisti, uno alla batteria e l'altro alle tastiere, mentre lui imbraccia la chitarra - chiede chi c'era al suo concerto nello stesso luogo due anni fa e io e pochi altri prontamente alziamo la mano. Ci dice che la persona che oggi abbiamo di fronte è molto diversa da quella di due anni fa, e poi comincia a suonare, presentandoci molte delle canzoni del suo ultimo album, canzoni che vanno dal malinconico allo scherzoso, e che sempre sono impreziosite dalla sua voce inconfondibile.
Stasera Daniel è molto scherzoso (lui dirà a un certo punto silly), non smette di riempire i silenzi tra una canzone e l'altra, mentre accorda la chitarra, con battute e scambi scherzosi con il pubblico. A un certo punto ci coinvolge nell'esecuzione di una sua canzone in cui noi siamo chiamati a fare il verso degli uccellini che – ci spiega – aveva deciso di mantenere nella registrazione originale del disco.
Il pubblico segue partecipe e silenzioso, in uno stato d'animo che complessivamente appare di serenità e grazia.
Verso la fine del concerto Daniel decide di offrirci anche una versione realmente unplugged di una sua canzone; peccato che il brusio che arriva dal bar, considerato che questa volta siamo sedute un po' più indietro nella saletta, ci distragga e non ci consenta di apprezzare al meglio l'esecuzione.
Il concerto è finito, ma quando Daniel lascia vuoto il palco – accucciandosi davanti visto che non esiste un backstage – il pubblico gli fa capire che lo ascolterebbe ancora un po'. E così ci regala un'ultima canzone e ci fa andare via con il cuore davvero contento.
I Laish non rappresentano un elemento di rottura né di originalità nel panorama dell'indie-pop-folk, ma la combinazione tra le melodie molto ben strutturate e l'inconfodibile voce di Daniel Green conferiscono a questa musica una gradevolezza e in fondo anche una identità assolutamente riconoscibile.
Così all'uscita non mi faccio ripetere due volte l'invito all'acquisto del CD, che Daniel mi firma e che porto a casa contenta anche del fatto che la materialità del supporto – come spesso mi accade ultimamente – favorirà ascolti maggiori rispetto ai suoi fratelli puramente digitali.
Una bella serata che arriva in un periodo per me faticoso, ma segna una giornata in cui forse qualcosa si è sciolto dentro di me e che mi fa guardare con maggiore fiducia ai giorni a venire.
Voto: 3,5/5
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