Settembre. Ricomincia la stagione cinematografica, e così il primo weekend utile eccomi al cinema. Stavolta scelgo principalmente per comodità (il film sta in un cinema molto vicino a casa mia) e perché Kim Rossi Stuart mi è simpatico e trovo che abbia fatto un percorso cinematografico apprezzabile, sia come attore che come regista.
Il suo Tommaso è un’opera dall’impianto piuttosto teatrale, sia dal punto di vista dei contenuti narrativi - che ruotano tutti intorno al protagonista -, sia dal punto di vista della recitazione, che utilizza alcune modalità e stilemi propri delle opere teatrali, in bilico tra una recitazione realistica e una sopra le righe.
Il film racconta – in modo volutamente didascalico e forse anche finalizzato a un esito catartico – la storia di Tommaso (Kim Rossi Stuart), un attore quarantenne irrisolto e con un rapporto complicato con le donne. Sta con Chiara (Jasmine Trinca), ma non la sopporta più, eppure non riesce a lasciarla; finalmente si fa lasciare, ma reagisce come il protagonista di una tragedia classica; quindi comincia una storia con Federica (Cristiana Capotondi), ma dopo un inizio idilliaco, si ritrova in una condizione di insofferenza e insoddisfazione. Infine, incontra Sonia (Camilla Diana), una ragazza più giovane ma con una personalità molto particolare, che – nella sua follia – non è accondiscendente, rompe tutti i suoi schemi, probabilmente non lo ama, e lo conduce all’inevitabile confronto con il nucleo più profondo dei suoi problemi e alla necessità di prendersi davvero cura di se stesso.
Tommaso è un personaggio apparentemente borderline, nel suo essere disconnesso dalle sue emozioni più profonde, nel suo essere incapace di trovare una via reale e possibile alle sue fantasie, nel suo tentativo costantemente fallimentare di confrontarsi con la banalità del reale, nella schiavitù da un cervello che non si spegne mai e che fa fatica a mettersi seriamente in comunicazione con il cuore e con il corpo, nel suo interpretare un personaggio anche nella vita reale. In questo suo modo di essere, Tommaso ci fa un po’ sorridere, perché ne riconosciamo dall’esterno le rigidità e le idiosincrasie, e un po’ ci muove a compassione perché non vediamo una via d’uscita al loop mentale nel quale si agita come un criceto e di cui è perfettamente consapevole senza riuscire a impedirne il ripetersi, e infine un po’ ci chiama in causa e ci mette in discussione, perché tutti ci sentiamo un po’ Tommaso quando ci mettiamo alla prova dentro una relazione.
Il film di Kim Rossi Stuart è sincero nel suo essere artefatto e fa di questa contraddizione il suo punto di forza, sebbene indugi un po’ troppo in quella componente metaforica e onirica (che viene poi essa stessa ridicolizzata visto che il protagonista vorrebbe debuttare da regista e sceneggiatore con un film fatto solo di sogni) che appare un po’ troppo esplicativa e finisce per ricondurre dentro sentieri battuti quei rivoli di follia che forse sarebbero stati più potenti se lasciati muoversi liberamente. Anche la conclusione – pur parzialmente aperta – appare un po’ troppo consolatoria rispetto alle premesse. E se il messaggio è che la relazione funziona se e quando le nostre personali follie sono compatibili con quelle del nostro partner, posso essere anche sostanzialmente d’accordo, ma come al solito la realtà è persino più complicata di quanto possiamo raccontarcela.
Comunque bella la citazione di What’s on a man’s mind della locandina!
Voto: 3/5
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