Ed eccomi qui al Teatro dei Conciatori, che neppure sapevo esistesse, a vedere una piccola opera teatrale che mi è stata segnalata da un'amica, Cent'anni in 2.
Il teatro è di quelli così piccoli che si è seduti a contatto strettissimo con il palco, cosa che personalmente non mi dispiace affatto.
In questo caso la scena è formata da un bancone coperto di abiti (ce ne sono anche appesi alle spalle del bancone) e una poltrona vicino a un mobiletto col telefono.
Si tratta della tintoria della nonna di Graziano, dove si svolge tutta la narrazione. Cent'anni in 2 sono quelli appunto dei due protagonisti, la nonna (Lucia Batassa) che proviene da un'altra epoca ma che dimostra un grande acume nel capire il mondo nonché una notevole apertura mentale, e Graziano (Giustiniano Alpi), che a causa della sua omosessualità ha un rapporto difficile con i suoi genitori e lavora nella tintoria della nonna in attesa di trovare lavoro.
Intorno a loro si muovono altri due personaggi, entrambi clienti della tintoria: l'amante di un Senatore (Rossella Gardini) cui la nonna cerca di raccomandare Graziano e il "ragioniere" (Vito Di Bella), un giovane imprenditore che fa la corte a Graziano e vorrebbe offrirgli un lavoro.
Ognuno di questi personaggi ha la sua storia di sofferenza individuale come tutti, e nel corso della messa in scena a ognuno verrà riservato un piccolo monologo nel quale potrà raccontarla. Ma alla fine la storia principale resta quella di Graziano, disincantato e ironico che vorrebbe arrivare un posto di lavoro con le sue forze, e la nonna, concreta e realista che pensa di poter aiutare il nipote in ben altri modi.
La sceneggiatura è certamente interessante e ben congegnata, e la messa in scena si segue gradevolmente e senza momenti di stanchezza. Alcuni momenti riescono ad essere anche coinvolgenti grazie al realismo del testo e della recitazione.
Complessivamente però non si riesce a sfuggire alla sensazione di aver assistito a una messa in scena in qualche modo amatoriale; la distanza rispetto al teatro con la T maiuscola non è poca sia sul piano recitativo che sul piano narrativo. Indubbiamente va riconosciuto il coraggio di Andrea Saraceni, che si è cimentato – oltre che con la regia - con un testo teatrale originale, nel quale i contenuti narrativi sono molteplici e densi, anche se a tratti un po' forzati, e i tempi di transizione non sempre risultano perfetti e fluidi.
E poi mi è rimasto un dubbio: ma se la pièce è ambientata ai giorni nostri e visto che nipote e nonna hanno cent'anni in due (presumibilmente 25 anni il nipote e 75 la nonna), com'è possibile che in un passaggio della sceneggiatura la nonna, incalzata da Graziano sul fatto che a suo tempo aveva fatto parte della gioventù balilla, dica di aver cambiato idea sul fascio nel '39 (ossia quando secondo i miei calcoli più o meno dovrebbe essere nata)? Forse non ho capito qualcosa?
Comunque, il teatro è certamente qualcosa di difficile, e l'alto numero di delusioni anche quando si va agli spettacoli "maggiori" lo dimostra. Per questo ben venga chi ancora investe in questo linguaggio artistico e ci prova con passione e con coraggio.
Dunque, a chi ha portato in scena questo lavoro va il mio plauso e il mio in bocca al lupo, sperando che trovino la voglia e l'entusiasmo di andare avanti e di crescere, e di riuscire nel loro sogno.
Voto: 3/5
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