L'amore molesto / Elena Ferrante. Roma: Edizioni e/o, 1992.
Dopo aver finito di leggere la quadrilogia de L'amica geniale, sono voluta tornare alle origini del fenomeno Elena Ferrante, ossia al suo primo libro, L'amore molesto, che non avevo mai letto.
Si tratta - al contrario degli ultimi - di un libricino piccolo, concentrato e compatto, che racconta la storia di Amalia, una donna trovata annegata con la sola biancheria intima indosso, attraverso le parole e la ricostruzione della figlia Delia.
L'aspetto che questo primo libro della Ferrante ha certamente in comune con i più recenti è un'angoscia strisciante, un senso di sconfitta e di dolore inevitabile. Mi ha colpito che vent'anni prima de L'amica geniale la disgregazione di sé, la "smarginatura", che diventerà uno dei tratti caratterizzanti di Lila, sia già un aspetto forte dei personaggi della Ferrante.
Ma - se possibile - L'amore molesto è persino più claustrofobico e soffocante di quanto non riescano a essere alcuni passaggi della recente quadrilogia, dove forse il contrappunto dialettico tra Elena e Lila consente in qualche modo di aprire spiragli nell'atmosfera densa in cui a volte si fa fatica a respirare.
La stessa cosa si può dire per la scrittura: alcuni tratti e caratteristiche si riconoscono in nuce in questo primo romanzo; però quella scrittura che - pur mantenendo intensità e complessità - ne L'amica geniale si fa più distesa, direi più accessibile (qualcuno ha parlato addirittura di stile da romanzo di appendice), ne L'amore molesto è ostica, spigolosa, dura, per niente compiacente, forse per effetto di un'immaturità linguistica o forse per una durezza intrinseca che si è andata sciogliendo con gli anni.
La storia, poi, è un viaggio nelle viscere di un legame madre-figlia, che si gioca sulla dinamica continuità/discontinuità.
Una figlia, Delia, che vuole segnare la propria distanza e alterità fisica ed emotiva da una madre, Amalia, dotata di una naturale sensualità di cui al contempo è vittima e anche manovratrice. Una figlia che vorrebbe disconoscere il legame affettivo e di sangue, ma che dovrà fare un viaggio interiore negli abissi della propria memoria e del proprio essere fino a ritrovarci il segno indelebile delle proprie origini e anche di una colpa incancellabile e inconfessabile, persino a se stessa.
L'amore molesto è un libro per nulla compiacente e compiaciuto, a cui non ci si affeziona, ma che scava in profondità, senza lasciare vie di fuga. Delia e Amalia (e gli uomini che le circondano) sono personaggi ruvidi (a tratti detestabili), in cui non vogliamo identificarci e da cui - come la stessa Delia - cerchiamo di prendere le distanze, ma che alla fine ci rivelano il lato oscuro di noi stessi, quello con il quale inevitabilmente dobbiamo confrontarci.
Voto: 3,5/5
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