Per combattere l'astinenza da bicicletta, io, C., S. e A. abbiamo organizzato un tranquillo weekend pedalante. Abbiamo cominciato a parlarne subito dopo il ritorno dalle vacanze estive e C. ha fatto un lavoro sopraffino, ai livelli di un'agenzia di viaggio. Alla fine sapevamo tutto sulle differenze tra il delta ferrarese e quello rodigino.
In conclusione abbiamo optato per quest'ultimo, attirate dall'idea di territori più selvaggi e in qualche modo anche più depressi.
Dormiamo a Ca' Mello (che tutti qui pronunciano Cammello) a Corte Papadopoli, un agriturismo e fattoria didattica a gestione totalmente familiare dove gli animali la fanno da padroni. Tra gli altri due cani pestiferi, ma simpatici, che non ci lasceranno in pace per tutto il weekend.
Cominciamo subito con una buona cena, in particolare uno squisito coniglio al forno da leccarsi i baffi.
Il mattino seguente arriva a prenderci il nostro noleggiatore per poterci consegnare le nostre biciclette (che abbiamo visto già il giorno prima). Ha un garage pieno di biciclette, ma quelle che ci propone sembrano messe insieme chiedendo agli amici, biciclette di quelle con cui le signore del luogo vanno a fare la spesa.
Comunque non ci preoccupiamo, considerando che il percorso è tutto in piano e non dovrebbero esserci particolari problemi.
Dopo una bella alba vista dalla finestra dell'agriturismo, il nostro giro inizia con la visita al Museo di Ca' Vendramin, un'antica idrovora (ora appunto trasformata in museo), dove ci facciamo un'idea del territorio, della sua storia e della infinita lotta tra l'uomo e il Po nel tentativo da un lato di contenere gli effetti devastanti delle alluvioni, dall'altro di sfruttare il fiume in funzione della produzione dell'energia elettrica e dell'agricoltura.
Dopo la visita inizia il nostro giro secondo il percorso dell'anello della Donzella. Qui capisco che in questa zona, dopo Taglio di Po, il fiume prende tanti nomi e ognuno ha il suo Po (il Po di Venezia, il Po di Gnocca, il Po di Maistra e così via). Per qualche chilometro affianchiamo con le bici sull'argine il Po di Donzella fino a raggiungere la Sacca di Scardovari, una laguna affascinante e desolata dove starei ore a fare fotografie. Ci fermiamo a mangiare una fritturina di pesce da Marina 70 e riprendiamo il percorso.
Sto facendo una fatica mostruosa e mi chiedo perché sono così fuori forma, considerato che proprio quest'anno sto facendo un sacco di attività fisica. In realtà mi rendo conto solo a un certo punto che il problema è la mia bicicletta che fin dalla partenza risulta un po' frenata. Le diamo un'aggiustatina e C. si offre di fare a cambio con me. Riprendiamo il percorso e io finalmente mi sento me stessa! Peccato che mentre stiamo risalendo l'anello dall'altro lato (all'altezza di Scardovari) foro. Ruota a terra e telefonata a Vittorio, il noleggiatore che porta una nuova camera d'aria e un nuovo copertone (era saltata la pezza di una precedente foratura).
Eccoci di nuovo in marcia, ma a questo punto decidiamo di tagliare per la campagna perché si sta facendo tardi. Comincia a salire l'umidità dalla terra mentre si allungano le ombre del tramonto. I paesaggi prendono un'atmosfera quasi magica.
Alla fine facciamo in tutto 60 chilometri. La sera saremo rifocillate da gnocchi col ragu e brasato con polenta!
Il giorno dopo (domenica) ci muoviamo molto prima la mattina (anche perché in serata abbiamo i treni per tornare a casa). Questa volta facciamo il giro a nord del Po di Venezia. Il nostro tour inizia in una nebbia fittissima che rende i paesaggi surreali e bellissimi. Tutto è ovattato e dai contorni sfumati, poi man mano la nebbia si alza e viene fuori una bella giornata di sole.
Prima pedaliamo lungo l'argine verso Pila; sulla strada ci fermiamo in uno sperduto bar rodigino di provincia che è occasione di uno studio antropologico interessante. Poi a Pila vediamo la centrale Enel sull'altro lato del fiume. Fatto il giro di Pila ci spostiamo verso nord fino a raggiungere la spiaggia di Boccasette.
Oggi quella che sta avendo difficoltà è A., la cui bicicletta - ci accorgiamo - ha la forcella storta cosicché la ruota davanti e quella di dietro non sono in linea. Ogni tot di chilometri dobbiamo fermarci a darle una raddrizzata per consentire alla poverina di pedalare decentemente. Il tempo è molto bello e nonostante tutto ci godiamo anche questa giornata, durante la quale alla fine pedaliamo ancora per circa 60 chilometri.
All'arrivo al garage di Vittorio gliene diciamo quattro sulle biciclette che ci ha noleggiato, ma riusciamo a chiudere la conversazione civilmente. Recuperiamo le nostre borse in agriturismo e anche questo brevissimo weekend ciclistico purtroppo è ormai terminato.
Eccomi sul treno per Roma, ma con addosso ancora la sensazione di aver fatto un vero e proprio viaggio nel tempo.
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