Grazie alla rassegna estiva gratuita organizzata dal MAXXI in occasione del 90° anniversario dell'Istituto Luce, riesco finalmente a vedere un film che avevo perso durante l'appena trascorsa stagione cinematografica.
L'arte della felicità mi aveva incuriosito fin dai trailer, per l'originalità del disegno e per l'ambizione del tema raccontato, suggellato dalla frase (utilizzata anche nel trailer): "La tristezza te la danno per poco ma pure la felicità non costa nulla. Allora, tu che scegli?".
Ebbene, devo dire che ho apprezzato il coraggio e l'entusiasmo del fumettista Alessandro Rak - presente in sala - che insieme al produttore e sceneggiatore Luciano Stella si è cimentato in questa impresa cinematografica con un piccolo budget, ottenendo un prodotto di qualità e che ha ottenuto diversi riconoscimenti.
La storia è apparentemente semplice. Sergio fa il tassista, ma ha un passato da musicista insieme al fratello Alfredo, fino a quando quest'ultimo non è partito per l'India ritirandosi in un monastero buddista. Quando Alfredo muore, Sergio deve fare i conti con il lutto e con i ricordi e cercare la propria via per reinserirsi nel flusso della vita.
In questo percorso interiore durante il quale l'anima cupa di Sergio si proietta sul mondo circostante, trasformando Napoli in una città piovosa, scura, piena di immondizia, prossima all'apocalisse, diversi personaggi lo aiuteranno a mettere a posto il puzzle della sua vita: la cantante d'opera Antonia che arriva in lacrime sul suo taxi, il gallerista di un'arte basata sul riciclo, il conduttore radiofonico del programma "L'arte della felicità", una signora anziana con badante, l'amatissimo zio.
La musica che è la ragione di vita di Sergio, accantonata e sommersa dal rancore e dal dolore, invade l'intero film, lo riempie financo in maniera eccessiva, ma certamente suggestiva, soprattutto in combinazione con un tratto grafico essenziale e un po' sporco com'è quello portato sullo schermo da Rak.
Probabilmente il limite del film sta nella sua eccessiva ambizione. Il tema è complesso e soprattutto è pochissimo narrativo, in quanto si sviluppa primariamente nell'anima tormentata di Sergio. Così le immagini cercano di essere evocative, ma non sempre ci riescono; le parole a volte sono eccessive; la musica si fa strabordante.
Comunque, L'arte della felicità è un prodotto certamente originale e genuino, che rompe gli schemi ormai standardizzati dei film di animazione sul grande schermo.
Voto: 3/5
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