martedì 12 novembre 2013
Miss Violence
La prima parola che alla fine del film è salita alle labbra mie e di M. è stata “agghiacciante”, nel senso letterale del termine, per l’onda di gelo che cade addosso allo spettatore durante e al termine della visione del film. Dopo qualche ora, il commento nella mia testa si è trasformato in “inutilmente agghiacciante”.
Cioè, è vero che Alexandros Avranas fa propria la migliore lezione di Michael Haneke e riesce a portare sullo schermo una storia la cui brutalità è quasi tutta giocata sul piano psicologico e si fa esplicita non tanto nei gesti (c’è solo un picco di violenza visibile sullo schermo) quanto negli elementi di contorno: la totale assenza di colonna sonora (le uniche musiche presenti nel film sono quelle che arrivano dagli stereo e dalle televisioni e tra l’altro caratterizzano momenti la cui felicità è solo apparente), lo squallore delle ambientazioni (la casa dove vive la famiglia protagonista del film con le pareti spoglie, il mobilio vecchio, i puzzle attaccati alle pareti, nonché le strade di questa città greca quasi sempre vuote, sporche e assolutamente anonime), gli sguardi spesso vuoti o melliflui dei protagonisti (in particolare del padre di famiglia, il bravissimo Themis Panou), le atmosfere inquietanti anche nei gesti quotidiani (una porta che si chiude, una macchina che parcheggia, delle posate su un tavolo).
E tutto questo è realizzato con una maestria registica degna di nota. Lo spettatore che entrasse in sala senza sapere assolutamente nulla del film (cosa che consiglio vivamente, meno leggete e meglio è) sarebbe totalmente preso nel gioco crudelmente disvelatore di Avranas.
Però alla fine dei conti non trovo che ci sia una motivazione sufficiente per portare sullo schermo una cosa del genere, cioè non ne trovo un significato, un messaggio, se non la rappresentazione di una situazione limite in cui patologia e stato di subalternità psicologica sono estremi, ma non necessariamente irrealistici.
Non condivido l’opinione di quei critici che parlano del film come di una espressione della Grecia contemporanea e del suo degrado sociale, poiché non mi pare che si possa riconoscere nel film una precisa caratterizzazione sociale o culturale.
Se dobbiamo trovare un senso a questo tipo di film, forse è solo quello di esorcizzare una realtà che spesso supera le nostre stesse capacità di comprensione delle pieghe oscure della mente umana.
Voto: 3/5
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