Sempre perché la città offre molto ed uno dei motivi per cui vale la pena viverci è sfruttare questa offerta, non potevo perdermi il classico appuntamento della rassegna "Da Venezia a Roma" che - a pochi giorni dal festival veneziano - porta nei cinema della città eterna, in lingua originale, una parte dei film lì presentati.
Guardando il programma scegliamo The reluctant fundamentalist perché tra quelli proposti per il mercoledì è l'unico non italiano, che possiamo dunque gustarci in lingua originale, e forse è uno di quelli che non è di immediata uscita in Italia. Tra l'altro, la regista Mira Nair ha realizzato nella sua carriera molte cose interessanti (si pensi a Monsoon Wedding), sebbene i risultati siano stati un po' altalenanti.
In realtà poco prima di inforcare lo scooter verso il cinema leggo una recensione a dir poco demotivante e così mi preparo psicologicamente a un retorico polpettone.
Il rischio del resto c'è tutto, vista la storia. Changez (il bravo e bello Riz Ahmed), che come lui stesso tiene a sottolineare si pronuncia Cian-ghès, è un pakistano di Lahore appartenente a una famiglia della borghesia intellettuale pakistana, ormai surclassata dalla classe dei nuovi ricchi. A 18 anni Changez va a studiare Economia a New York e subito dopo la laurea, grazie al suo essere brillante e competitivo, si conquista quasi subito il posto in una importante azienda che fa analisi finanziarie, divenendone il più giovane socio. Si innamora di Erica (Kate Hudson), di famiglia ricca e che si porta dietro il senso di colpa per la morte del suo fidanzato, ma si lascia conquistare dal giovane e rampante pakistano. Fino all'11 settembre 2001, alle Torri Gemelle, al clima di sospetto, all'inasprirsi delle tensioni e alla crisi personale di Changez che ha il suo culmine durante un viaggio a Istanbul. Changez decide così di lasciare tutto e tornare in Pakistan a insegnare all'università, convinto che esista la possibilità di un "sogno pakistano". Il tutto raccontato in un lungo flashback cui si alternano le vicende del presente.
Alla fine della visione il mio bilancio è positivo: non ho trovato il film noioso (anzi credo che gli sceneggiatori abbiano fatto un lavoro straordinario per trasformare quello che nel libro di Mohsin Hamid è sostanzialmente un monologo in qualcosa di cinematograficamente vedibile), l'ho trovato sufficientemente retorico ma non troppo, l'ho trovato attuale (nonostante si richiami a quell'11 settembre che alcuni dicono ormai lontano).
Qualcuno scrive "verboso", tutto affidato alla parola per dirci cose che già sapevamo, "timido" nel proporre la propria tesi, incapace di osare. Alla fine però io credo che mettere in fila le tante cose che ci sono nel film è già un merito sufficiente.
Forse il difetto vero è che dentro il film (non so se anche dentro il libro che non ho letto) si affollano troppi temi, tutti troppo complessi e importanti per poter essere esauriti in una trattazione così piena di contenuti. C'è il mito americano della competizione e dell'essere migliori, le dinamiche economiche e finanziarie globali, il "sogno americano" e le sue fragili basi, i rapporti tra le classi sociali, l'emigrazione e il difficile rapporto con le proprie origini, il terrorismo islamico, le semplificazioni americane, i fondamentalismi di varia estrazione, i rapporti interrazziali, i limiti della multietnica società americana.
Insomma, ce n'è per tutti e per tutti i gusti, e alla fine è indubbio che qualche melodrammaticità (vedi il viaggio di Changez in traghetto sul Bosforo con canzone a tema in sottofondo) e retorica non si riescano ad evitare. Certo, però, resta un film duro e - per molti versi - politicamente scorretto rispetto a tematiche su cui in questi dieci anni hanno spopolato o la retorica occidentale ovvero il luddismo islamico.
E sentir paragonare i giovani che dal mondo islamico vanno a studiare e poi a lavorare in America ai giannizzeri, giovani cristiani cresciuti per entrare nell'esercito del Sultano, fa decisamente effetto.
Scrive Matt Mueller: "[…] the bigger question is whether American audiences will be willing to go see a film where the hero flashes a jubilant smile at the TV screen as the planes slam into the World Trade Centre, confessing, “In this moment, I should have felt sorrow or anger but all I felt was awe.”
Voto: 3/5
"The Reluctant Fundamentalist" opens Venice Film... di reuters
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