In una caldissima sera d'estate non ho saputo resistere alla tentazione di andare a vedere l'ennesima trasposizione cinematografica di Spiderman in una sala cinematografica dove c'è stato bisogno del maglioncino per non morire congelati dall'aria condizionata.
Devo ammettere di non poter vantare una conoscenza filologica del fumetto della Marvel, dunque il mio giudizio non riguarderà minimamente la correttezza della lettura cinematografica rispetto al fumetto nei caratteri dei personaggi e nella storia, ma solo la resa cinematografica.
Le origini del personaggio dovrebbero essere ormai note a tutti: Peter Parker viene affidato da bambino agli zii mentre i genitori sono costretti alla fuga per motivi inizialmente non chiari. Il giovane Peter (Andrew Garfield) trascorre una vita normale, tra il bullismo dei suoi compagni di scuola, l'innamoramento segreto per la compagna di scuola Gwen Stacy (Emma Stone) e l'affetto dei suoi zii. Tutto fino a quando durante una visita al laboratorio della Oscorp viene punto da un ragno e acquista quelle capacità e quei poteri che ne faranno l'uomo ragno.
La morte dello zio e la scoperta dei segreti che avevano portato alla fuga dei genitori lo convincono ad accettare la responsabilità che la nuova condizione gli offre, fino a trovarsi di fronte al lucertolone Lizard, risultato di esperimenti genetici condotti su se stesso dallo scienziato Connors (Rhys Ifans), che aveva lavorato insieme al padre di Peter.
Insomma, tutto torna...
Però, per quanto mi riguarda il confronto con la serie cinematografica precedente, quella per la regia di Sam Raimi, è inevitabile. E il risultato di questo confronto mi vede molto favorevole al nuovo protagonista: Andrew Garfield ha la faccia più scanzonata, simpatica ed espressiva rispetto a Tobey Maguire, che ogni tanto fa proprio pesce lesso.
Invece voto decisamente Kirsten Dunst rispetto a Emma Stone nei panni dell'innamorata di Spiderman, quest'ultima troppo ragazzona americana un po' effetto silicone per poter essere davvero credibile.
Sul piano della resa complessiva ho preferito di gran lunga il primo film della serie di Raimi, capace di costruire delle atmosfere più coinvolgenti e credibili (nonostante si tratti di un fumetto) e di giocare ironicamente con le semplificazioni che un personaggio di questo genere implica.
Certo, sono passati ormai dieci anni dal primo film di Raimi e dunque sul piano tecnologico e della qualità cinematografica il salto si vede (anche se io ho scelto il tradizionale 2D), però questo non è sufficiente al film di Marc Webb per oscurare o far dimenticare la trilogia realizzata da Sam Raimi.
Capisco però che il mio può essere considerato un giudizio un po' da quarantenne nostalgica, sempre più affascinata dal vintage in ogni ambito. Anche al cinema.
Voto: 3/5
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