In una serata molto radical-chic e super-vip all'Arena del Nuovo Sacher, circondata da attori e gente del mondo del cinema più o meno conosciuta, vado a vedere l'opera prima di Gian Alfonso Pacinotti (Gipi), preceduta dalla lettura delle "recinzioni" di Johnny Palomba ad opera dello stesso Palomba e di Nanni Moretti, che sembra divertirsi molto a fare il romanaccio coatto recensore di film.
Di Gipi conosco il lato più conosciuto, quello di creatore di storie a fumetti. Ho letto molte delle sue storie e ne apprezzo lo stile che sa essere ruvido e tenero allo stesso tempo. Ero dunque curiosa di capire come la sua sensibilità si sarebbe espressa sullo schermo in un lungometraggio.
Ebbene, L'ultimo terrestre ha moltissimo del Gipi fumettista. Innanzitutto, il suo protagonista Luca, che sia nei tratti fisici (è interpretato da Gabriele Spinelli) sia nella cifra emotiva, è molto vicino ad alcuni personaggi dei graphic novels dell'artista pisano. Lo stesso vale per le ambientazioni: Luca vive in un complesso immobiliare senza anima, al cui ingresso campeggia un cartellone pubblicitario di dimensioni abnormi (di cui non rivelerò il contenuto per non togliere l'effetto sorpresa), lavora in una sala bingo, gira per le strade battute da trans e prostitute, incontra una prostituta in quello che sembra un mercatone del mobile la cui insegna è una foto della "famiglia felice". Luoghi che potrebbero essere ovunque, ovvero spaventosi spazi onirici.
La poetica di Gipi affiora continuamente anche nei temi: il rapporto difficile con il padre, i delicati equilibri e le mezze verità della famiglia, l'attrazione/repulsione per la crudeltà del mondo, la relazione con il diverso, la difficoltà dei sentimenti, il doloroso percorso della crescita.
Non si può dire che Gipi sia un allegrone: i suoi graphic novels sono spesso dei pugni nello stomaco, a cui però il tratto disegnato riesce a conferire un sapore agrodolce e un tono grottesco che almeno in parte mitigano l'intensità del colpo.
Ne L'ultimo terrestre - pur nel fumettismo conferito dal regista all'opera cinematografica - l'effetto risulta a tratti talmente depressivo ovvero inquietante che probabilmente lo stesso Gipi ha sentito la necessità di un riscatto, di un colpo di coda che sollevasse il protagonista dalla brutalità e dalla bruttezza del mondo. E così se il proprio padre è inaffidabile e bugiardo, se l'amicizia con un trans è difficile da sostenere socialmente, se la vicina di casa di cui Luca è segretamente innamorato non rappresenta una via di fuga affidabile, non restano che gli alieni.
Solo esseri non umani sono in grado di distinguere tra bene e male e possono travolgere l'ottundimento della coscienza collettiva in un finale catartico e in qualche modo sinistramente pieno di speranza.
Voto: 3/5
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