Via delle Oche / Carlo Lucarelli. Palermo: Sellerio, 2008.
Ecco lo sapevo. Ho cominciato dalla fine…
Mi sembrava che del commissario De Luca mi sfuggisse qualcosa e che i riferimenti al suo passato fossero un po’ troppo vaghi per essere compresi perfettamente dalla sola lettura di questo romanzo. Toccherà recuperare i primi due romanzi della trilogia che un Lucarelli molto giovane ha dedicato a questo commissario e all’Italia degli anni immediatamente successivi alla fine della Seconda guerra mondiale.
Via delle Oche è ambientato nel 1948, poco prima delle elezioni politiche e di Bartali maglia gialla.
Lucarelli è molto bravo a descrivere il clima di contrapposizione e di sospetto che caratterizzava quegli anni e lo fa sia attraverso le trascrizioni dei manifesti e dei titoli di giornale dell’epoca che aprono ogni capitolo, sia attraverso la perfetta caratterizzazione dei personaggi e la descrizione dei veleni che si insinuano anche all’interno della polizia.
De Luca è un personaggio dolente, umanissimo. In fondo uno sconfitto perché crede nel mestiere di poliziotto e nella necessità di scoprire sempre la verità, anche quando questa può essere scomoda, in un mondo nel quale ci si deve sempre inchinare ai “poteri forti”. È un personaggio che ha aperto la strada a molti altri commissari, che ha fatto scuola da numerosi punti di vista, a dimostrazione delle qualità di Lucarelli scrittore (sebbene si tratti di uno scrittore molto visivo, come molti sostengono).
Il thriller prende spunto dall’assassinio di un tale Ermes Ricciotti presso la casa di appuntamenti di via delle Oche a Bologna. De Luca, pur essendo stato trasferito punitivamente alla Buoncostume, non può fare a meno di tirar fuori il proprio istinto di commissario della Omicidi. Così, un po’ per scelta un po’ per caso si ritrova coinvolto nelle indagini che riguardano non solo l’omicidio del Ricciotti, ma anche alcuni altri omicidi che ben presto mostrano di essere collegati l’uno all’altro.
La motivazione che lascia questa lunga scia di sangue è puramente politica e - guarda un po’ – non ci meraviglia affatto, visto che molte vicende degli ultimi 20 anni hanno saputo fare meglio della fiction.
Così, oltre alla “compassione” (in senso etimologico) che il racconto suscita per il personaggio di De Luca (memorabili gli incontri tra il commissario e la Tripolina, la tenutaria della casa di appuntamenti), l’aspetto che colpisce di più è la modernità di questo intreccio, la riconoscibilità dei meccanismi di potere, la falsità degli slogan politici, il gioco delle appartenenze.
Sicuramente da leggere. E a questo punto dovrò leggere anche i due precedenti.
(Ho idea invece che non vedrò la fiction televisiva tratta da questi romanzi! ;-)
Voto: 3,5/5
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