Polina / Bastien Vivès. Firenze: Black Velvet, 2011.
Dopo lo splendido Il gusto del cloro, il giovane prodigio francese del fumetto Bastien Vivès torna a sorprenderci con Polina.
All’unità di luogo e di tempo e al minimalismo linguistico e narrativo che caratterizzavano Il gusto del cloro si sostituisce l’unità “di flusso” di Polina, una storia che scorre unitaria e compatta dal punto di vista emotivo.
Alle tonalità del verde-azzurro della piscina in cui si svolgeva l’intera vicenda dell’albo precedente, si sostituisce un grigio-seppia in cui sono immersi i personaggi e gli ambienti di questo nuovo lavoro.
Ancora una volta Vivès ci racconta lo sguardo di una persona giovane di fronte ai propri sentimenti e alle proprie aspirazioni.
In questo caso possiamo parlare di un vero e proprio “romanzo di formazione” che racconta la storia di una bambina russa di nome Polina che vuole diventare una ballerina e che per realizzare questo sogno deve innanzitutto realizzare se stessa come persona e come donna, in un percorso caratterizzato da incontri, allontanamenti e riavvicinamenti.
Nella storia di Polina ci sono molti temi importanti.
Innanzitutto il significato dell’arte nella vita, e quello che porta con sé in termini di irrequietudine, di ricerca della perfezione, di fatica, di difficoltà a trovare la propria strada, di paura del fallimento.
In secondo luogo, c’è il tema del rapporto con l’autorità, in questo caso rappresentata dal maestro Bojinski, un purista del balletto classico, burbero e severo, capace di mettere in difficoltà l’autostima di chiunque, insomma quel tipo di figura – che come quelle parentali – abbiamo bisogno di rinnegare per crescere, da cui è necessario prendere le distanze per riconoscere se stessi, ma di cui alla fine di questo percorso è possibile ricostruire il senso e il ruolo all’interno della propria vita.
Allo stesso modo, Polina non può fare a meno di rifiutare le proprie origini, il mondo dal quale proviene per poterne recuperare il valore più autentico, spogliato dai condizionamenti che le impedivano di essere autonoma e di aprire la propria mente.
In Polina ci sono i modi diversi di reagire alla vita, il coraggio o meno di fare delle scelte dirompenti, la forza o meno di prendere delle decisioni, la capacità di ascoltare il proprio sentire e di dargli seguito.
Vediamo così Polina passare dalla danza classica a quella sperimentale (passando per fallimenti e delusioni, anche sentimentali) fino alla scelta di andare a Berlino e alla fatica di trovare un modo del tutto inedito di esprimere la propria arte. La vedremo infine tornare da dove è partita e riscoprire il senso di ciò che allora aveva rifiutato.
In sostanza, Bastien Vivès ci racconta la difficile arte del crescere mediante il ritmo interiore delle emozioni.
Il disegno di Vivès è straordinariamente espressivo, pur essendo convintamente sintetico. Il suo tratto di solito non rappresenta il dettaglio, lasciandolo implicito; quando necessario, però, è come se un fascio di luce improvviso scoprisse quanto ci era stato fatto immaginare o quanto dobbiamo vedere precisamente.
In questa sinteticità del disegno c’è una capacità di trasmettere sensazioni, stati d’animo, pensieri nascosti che raramente si riscontra in altri disegnatori. Vivès si conferma autore che dà forma ai silenzi più che alle parole, e che nei silenzi è in grado di far passare i messaggi e i contenuti più profondi.
Dopo un grande lavoro come Il gusto del cloro ci si poteva facilmente aspettare una nuova opera o non all’altezza o ripetitiva rispetto alla prima.
Vivès invece dimostra di avere uno stile riconoscibile, ma di possedere molte frecce al proprio arco, in particolare di poter attingere a una sensibilità che sembra avere ancora molte cose da dire.
Voto: 4/5
la mia opinione: http://studiopazzia.blogspot.it/2012/03/polina-di-bastien-vives.html
RispondiEliminaciao
sp
Bella recensione!
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