Il gusto del cloro / Bastien Vivès. Firenze: Black Velvet, 2009.
Leggere non è esattamente il verbo appropriato per questa graphic novel, meno ancora che per qualsiasi altra pubblicazione di questo genere. Forse sarebbe meglio dire “guardare”. O anzi “osservare”. È il dettaglio che fa la differenza e che comunica il senso.
Ho trovato. Il verbo giusto è “immergersi”. Anche perché siamo in una piscina, e il viaggio dalla prima all’ultima pagina di questo volume è un po’ come la lunga apnea del giovane protagonista che – mettendosi alla prova – tenta di arrivare, con un’unica nuotata subacquea, da una parte all’altra della vasca.
Un’apnea che dura poco e – al contempo – sembra non finire mai. Un’apnea che è un rapido scorrere di immagini davanti agli occhi, ma in realtà esige la lentezza necessaria a godersi ogni tavola, ogni riquadro, ogni minima variazione delle espressioni, ogni cambio di angolatura e prospettiva.
Le ambientazioni esterne rispetto alla piscina sono limitatissime, solo le sedute del protagonista presso lo studio del fisioterapista, che è poi anche colui che spinge il giovane a praticare nuoto a scopo terapeutico per la scoliosi.
Tutto avviene nei confini angusti di una vasca, spesso affollata al punto da togliere lo spazio vitale, altre volte vuota a permettere quasi di confrontarsi con l’infinito.
Un’esistenza – quella vissuta in piscina – che si colloca sempre a metà strada tra l’essere fuori dall’acqua ed essere completamente sprofondati nell’innaturale, ma affascinante verde/blu della vasca. E così anche i disegni di Vivès giocano continuamente sulla differenza tra la visione fuori dall’acqua, caratterizzata da confini netti e colori definiti, e quella sotto l’acqua, in cui la realtà appare morbida e sfumata.
Pochissime anche le parole e i dialoghi, quelli banali del protagonista con l’amico che qualche volta va con lui a nuotare e quelli un po’ impacciati con la ragazza conosciuta in piscina.
Le parole forse più importanti dell’intera storia sono quelle che la ragazza pronuncia sotto l’acqua in risposta a una domanda del giovane, e che – per quanti tentativi di decifrazione vogliamo fare – rimarranno per sempre un mistero, inghiottito in quel mondo parallelo e ovattato che si sviluppa sotto la superficie dell’acqua.
Bastien Vivès sceglie inoltre di non dare forma scritta ai pensieri dei protagonisti, cosa che pure rappresenta la più straordinaria opportunità e libertà di un disegnatore di fumetti. Preferisce lasciare al “lettore” il gusto di cogliere le sfumature, di guardare con gli occhi del protagonista, di scoprire i pensieri, le sensazioni, i sentimenti.
Forse è proprio questo il “gusto del cloro”.
Siamo ormai abituati ad associare la cultura delle immagini alla velocità, quella che caratterizza ad esempio i videoclip e molto del cinema contemporaneo.
Vivès ci restituisce il piacere della lentezza delle immagini, ci spinge a soffermarci, a “immergerci” nei pensieri.
Impossibile sfuggire a una vena malinconica cui il fumetto sembra non riuscire a sottrarsi. Ma qui la malinconia ha i toni morbidi degli acquerelli di Vivès.
Voto: 4/5
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