Soffocare / Chuck Palahniuk; trad. di Matteo Colombo. Milano: Mondadori, 2002.
Da un po' di giorni ho finito la lettura di Soffocare, il primo libro che affronto di Palahniuk, e prima di dimenticare la sensazione che mi ha prodotto è meglio che io la fissi in questo post.
Ho trovato geniale l'idea che il protagonista, Victor Mancini, escogita per raccogliere un po' di soldi e che dà il titolo al romanzo. Girare per i ristoranti della città e, a un certo punto della serata, dopo aver studiato l'intorno, fare finta di soffocare per un boccone andato storto e sperare che qualcuno si alzi, ti salvi e ti "adotti" per il resto della sua esistenza, ossia si senta responsabile del tuo benessere e della tua felicità anche per il futuro.
Come dire, è un atroce smascheramento della nostra ipocrisia e del nostro egoismo, che ci fa amare un altro essere umano, solo perché ci fa in qualche modo sentire migliori.
A tratti tragico, a tratti esilarante anche il resto della vita di Victor. Sessodipendente in cura, ma fermo da tempo alla fase quattro di dodici. Con la mamma borderline che non lo riconosce più, ma che lui va regolarmente a trovare in una clinica costosissima, impersonando di volta in volta colui che la mamma riconosce nel suo volto. Studente fallito di medicina che lavora come comparsa in un parco a tema che rappresenta un villaggio di Padri Pellegrini nel 1734. Ipocondriaco con un rapporto patologico con la fisicità. Coinvolto in relazioni prevalentemente di tipo sessuale con donne tutte piuttosto assurde. Con un amico altrettanto inclassificabile.
Victor - e attraverso di lui Palahniuk - si presenta come la quintessenza del politically incorrect nel linguaggio e nelle azioni. Un rivoluzionario disilluso e cinico, ma alla fine sfigato e buono suo malgrado.
Una struttura narrativa ondivaga, a volte un po' troppo frastagliata. Un colpo di scena a poche pagine dalla fine, ma una conclusione un po' troppo buonista se confrontata con le premesse.
Insomma, un personaggio alla deriva in un mondo alla deriva che la letteratura rispecchia con uno stile dissacrante, a volte volutamente carico. Soffocante, effettivamente, perché incapace di sintonizzarsi sulla lunghezza d'onda di una realtà negata e riconosciuta come banalmente priva di senso, se non nel salto surreale che finisce in bilico tra sanità mentale e pazzia.
Esperimento interessante, meno sottilmente interpretativo, non così originale, come mi aspettavo.
Non so se leggerò altro di Palahniuk. Non so se è nelle mie corde.
Ma - se volete - accetto consigli.
Voto: 3/5
Io ne ho letti diversi, alcuni mi hanno deluso come Invisible Monsters, altri invece li trovo davvero belli come Fight Club (il primo che ho letto) e Survivor. Da prendere a parte è, invece, "La scimmia pensa, la scimmia fa", perché non è un racconto ma una raccolta di articoli e interviste fatte da lui a personaggi vari fra cui anche Marilyn Manson. A me è servito per poi arrivare a Carver. Ciao.
RispondiEliminaCiao, angrybee! Grazie dei suggerimenti. Mi attira Fight Club, ma non so se è il caso visto che ho visto anche il film. Forse potrei orientarmi su Survivor. Che dici?
RispondiElimina