Shenzhen / Guy Delisle. Paris: L'Association, 2000.
Più vado avanti nel leggere fumetti di Guy Delisle e più apprezzo questo per me straordinario autore di fumetti canadese. Dopo averne conosciuto la vena più "psicologica" e a tratti criptica in Aline et les autres e averne scoperto l'approccio più sociologico in Pyongyang, mi sono lanciata nella lettura di Shenzhen, fumetto che - come Pyongyang - nasce da un'esperienza di lavoro all'estero, questa volta in Cina, nella metropoli che si sviluppa alle porte di Hong Kong.
Probabilmente è proprio in questo tipo di racconti a fumetti che Delisle dà il meglio di sé, in quanto essi gli consentono di mettere insieme la sua spietata e - al contempo - tenera ironia e una capacità di osservazione e di sintesi che ha pochi eguali.
Se in Pyongyang già avevo avuto la sensazione di poter comprendere dall'interno una città e un popolo che non conoscevo, nel caso di Shenzhen le qualità di Delisle mi sono risultate ancora più lampanti, perché nel fumetto ho trovato rappresentate parecchie delle stranezze che avevo osservato quest'estate durante il mio viaggio cinese, e - anzi - Delisle ha in qualche modo tradotto in immagini e parole sensazioni che a suo tempo non avevo del tutto messo a fuoco.
A parte la tenerezza della rappresentazione di sé che Delisle ci propone (il se stesso a fumetti ha il ciuffo come l'originale e una varietà espressiva che ce lo rendono immediatamente simpatico, un anti-eroe buffo e senza pretese), sono innumerevoli gli episodi e le riflessioni che ci rimangono impressi nella mente:
- i goffi e quasi fastidiosi tentativi dei cinesi di esprimersi in inglese;
- gli interni squallidi e dominati dalle luci al neon;
- le bizzarre abitudini culinarie, non sempre affrontabili neppure dall'occidentale più aperto alle esperienze gastronomiche più estreme;
- le abitudini curiose, le incomprensibili dinamiche relazionali, l'assenza del concetto di servizio al cliente;
- il confronto con la vicina Hong Kong e con la lontana Pechino;
- la totale assenza di una società costruita sulla ripetitività dei modelli;
- la presunta e ostentata indifferenza nei confronti delle questioni politiche;
- l'idionsicrasia nei confronti del sole;
- un originale senso dell'ospitalità.
E chi più ne ha più ne metta.
Delisle appare - come chiunque vada in Cina - al contempo affascinato e inorridito dalla società cinese, che sembra riuscire a contemperare elementi di estremo interesse e le radici di una noia quasi strutturale.
Il fatto è che per chi è in grado di utilizzare gli strumenti dell'ironia non c'è posto più straordinario della Cina per poterli applicare ed esercitare al loro massimo grado. E Delisle ci riesce alla stragrande (sebbene non tutti condividano).
Dopo la lettura di Shenzhen - ve lo assicuro - vi verrà la voglia di andare in Cina se non ci siete mai stati. Vi passerà, invece, la voglia di tornarci a breve se ci siete andati di recente. ;-)
A questo punto non mi resta che leggere Cronache birmane che ho già ordinato online!
Voto: 4/5
...condivido e pubblico sul mio blog. saluti
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