Se volete capire che cos'è un gruppo indie pop negli anni '10 del 2000 andate a vedere un concerto dei Wild nothing, cosa che io ho fatto ieri andando al Circolo degli artisti (devo dire che il Circolo mi era un po' mancato!).
Eh sì, perché indie non è solo una tipologia musicale, cioè un modo di fare musica (sebbene, secondo alcuni, questa etichetta non avrebbe alcun significato realmente unitario), bensì anche un modo di vestire, di stare sul palco, di suonare, di relazionarsi con il pubblico.
I Wild nothing, come moltissimi di questi gruppi indie, sono 4 ragazzi (di età compresa tra i 20 e i 30 anni): 2 chitarre, 1 basso, 1 batteria (una delle due chitarre è a volte sostituita da una tastiera). Il cantante è di solito anche chitarrista e costituisce il cuore musicale del gruppo insieme al polistrumentista silenzioso. In questo caso si tratta rispettivamente di Jack Tatum e di Nathan Goodman. Gli altri due componenti sono Clay Violand al basso e Michael Skattum (alla batteria).
In generale sono tutti molto silenziosi. Si limitano a ringraziare ripetutamente il pubblico, senza intrattenersi in "inutili" conversazioni. Non hanno esattamente le facce allegre, anzi di solito sorridono pochissimo. Del resto, la loro musica tende al malinconico, tranne pochissimi pezzi per i quali si concedono qualche distrazione. In questo caso si senta, ad esempio, Summer holiday oppure Our composition book.
Componenti essenziali di un gruppo indie sono l'aspetto fisico e l'abbigliamento. Di solito questi musicisti non sono - o non vogliono sembrare - particolarmente belli. Almeno uno di loro porta gli occhialoni scuri (in questo caso il giovane batterista, che è anche l'unico con l'aria meno da bravo ragazzo e con il torso completamente tatuato).
Gli altri tendenzialmente hanno uno stile tra il minimalista e il vintage. Jack Tatum ha delle simil-Converse nere, mezze rotte, un jeans attillato, una rada peluria bionda sul labbro superiore e i capelli ben pettinati.
Il bassista ha le scarpe eleganti del nonno che però sembrano stargli troppo strette, una magliettina leggera con un cardigan stile Muji, barba e capelli un po' lunghi con il ciuffo che gli cade davanti agli occhi quando suona.
Il polistrumentista, Nathan Goodman, ha lo scarponcino tipo Timberland, jeans e camicia un po' da forestale, barba, capello folto e aria molto seria e compunta.
In generale, non si muovono molto sul palco, non puntano sulla loro fisicità, ma solo sulla musica.
Personalmente li ho trovati tutto sommato meno convincenti dal vivo che ascoltati su CD. Non c'è dubbio che scontano un problema di originalità, nel senso che è molto difficile per queste band acquisire un'identità riconoscibile e autonoma. Probabilmente dal vivo - e nel momento in cui non si punta tutto sulla performance - questo problema è ancora più evidente.
In sostanza, i Wild Nothing non mi sono dispiaciuti senza però entusiasmarmi. Probabilmente la loro componente migliore è quella più anni '80, più ritmica e allegra, ma per il momento resta a mio avviso ancora troppo in secondo piano. Il loro ultimo lavoro Gemini è stato considerato uno dei migliori 10 dischi indie del 2010 - e probabilmente è vero. Piuttosto si deve forse riconoscere qualche difficoltà del genere musicale a trovare nuovi spunti.
Due parole, infine, sul gruppo di apertura, i giovanissimi romani Boxerin Club, musicisti pieni di entusiasmo, ma ancora un po' acerbi sia musicalmente sia nella presenza scenica. Ma avranno tempo di crescere, soprattutto se non si mettono in testa di copiare i grandi, bensì si sforzano di cercano una propria, autonoma, strada musicale.
Voto: 3/5
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