Chloe è il remake del film francese Nathalie, che purtroppo non ho visto, ma che a questo punto potrei anche decidermi a recuperare.
Nonostante questo, capisco perfettamente cosa abbia spinto Atom Egoyan a interessarsi di questa trama. Il regista è infatti particolarmente a suo agio con le atmosfere torbide, le mezze verità e l'angoscia dell'incertezza, come altri suoi film - più o meno riusciti -, ad esempio Il viaggio di Felicia o False verità, dimostrano.
E così, trasferita la storia a Toronto, città che Egoyan conosce molto bene (visto che ci ha studiato) e affidati i ruoli principali a Julianne Moore (la moglie), a Liam Neeson (il marito) e ad Amanda Seyfried (quello di Chloe, la prostituta assoldata per sedurre il marito e farsi raccontare i dettagli degli incontri amorosi), il regista di origine armena mette in scena questo thriller psicologico, in cui la cosa più importante non è svelare l'inganno (che volendo si capisce piuttosto presto), ma seguire dall'interno la parabola psicologica di Catherine (Julianne Moore).
Mezza età, apparentemente glaciale (e lo si mette in chiaro quasi subito quando lei, ginecologa, dice a una sua paziente che un orgasmo è solo una contrazione muscolare, e dunque in esso non c'è niente di magico o misterioso), profondamente insicura di sé e delle sue relazioni (si sente poco desiderata dal marito e ormai rifiutata dal giovane figlio), dunque estremamente vulnerabile, vittima predestinata di una seduzione manipolatrice come è quella che Chloe mette in atto.
Dall'altro lato, Chloe appunto, giovanissima, bellissima, prostituta d'alto bordo, cerca nei rapporti con i suoi clienti qualcosa di bello da trattenere per sé, ma è fondamentalmente chiusa nel suo bozzolo in cui sentimenti e amore sono praticamente assenti.
Intorno a questi due personaggi si costruirà il gioco perverso della seduzione, rispetto al quale tutti gli altri restano figure piuttosto sfocate e inconsistenti. Assistiamo così all'innestarsi del bisogno morboso di "possesso" di Chloe nelle pieghe dell'insicurezza di Catherine, vorremmo gridarle "Lascia perdere, ti succhierà il sangue e ti distruggerà l'esistenza", ma lei prosegue dritta giù lungo la china...
Si accorgerà troppo tardi della spirale in cui è finita, arrivando a mettere in gioco e in pericolo se stessa e la sua vita. Ma fino a che punto la vittima è realmente tale e non invece complice in fondo consapevole? E fino a che punto la carnefice Chloe non è invece a sua volta vittima, irrimediabilmente catturata dal fascino di Catherine e realmente innamorata di lei?
Nella serenità della nostra poltrona e dall'alto della nostra razionalità e del nostro punto di vista esterno pensiamo che tutto ciò è assurdo e che nella vita reale non potrebbe accadere, tanto meno a noi, ma quando usciamo dal cinema un dubbio sottile ci è rimasto in fondo al cuore. Siamo proprio così sicuri di noi stessi?
P.S. Che meraviglia vederlo in lingua originale...
Voto: 3,5/5
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RispondiEliminaLa vita vera è anche più assurda a volte! Forse siamo ancora meno "normali". A me sembra che siamo tutti più complessi e inestricabili dei personaggi descritti ma la complessità è bella. Solo chi è sciocco è SEMPLICE! Certo non siamo così belli e GLAM come nel film!!! PECCATO!!! soprattutto per la casa e i vestiti! : )
RispondiEliminaA me il film è piaciuto anche se a tratti l'ho trovato un po' "eccessivo"
Hai ragione, Maria Teresa, solo chi è sciocco è semplice, però a volte un po' sciocca quasi quasi vorrei esserlo ;-))
RispondiEliminaPer la casa mi associo decisamente: meravigliosa!