mercoledì 30 dicembre 2020

Persone normali / Sally Rooney

Persone normali / Sally Rooney; trad. di Maurizia Balmelli. Torino: Einaudi, 2019.

Dopo Parlarne tra amici, che avevo trovato interessante ma in cui avevo fatto fatica a entrare emotivamente, ho deciso di dare una seconda possibilità a questa giovane scrittrice irlandese, che dopo soli due romanzi è considerata una delle penne migliori e più originali della sua generazione.

In Persone normali i protagonisti sono Marianne e Connell e la storia si sviluppa tra il 2011 e il 2015. I due si incontrano di sfuggita nella cucina della casa di Marianne dove Connell si affaccia in attesa che sua madre – che in quella casa fa le pulizie – termini il lavoro e possa tornare a casa. È dunque evidente che appartengono a due ambienti socio-culturali differenti e hanno disponibilità economiche molto diverse, che però non incidono sul rendimento scolastico, visto che Marianne e Connell sono tra gli studenti più brillanti del liceo che frequentano entrambi.

I due giovani riconoscono delle affinità e un’attrazione reciproca che li porterà a iniziare una storia; tuttavia, poiché Marianne si porta addosso lo stigma dei suoi compagni di scuola per il fatto di essere strana e isolata, il rapporto con Connell resta nell’ombra e di fronte al mondo i due fanno finta di non conoscersi.

Man mano che il tempo passa le cose cambiano, soprattutto dopo che Marianne e Connell si trasferiscono a Dublino per frequentare il Trinity College. Marianne sboccia alla vita sociale e diventa una delle ragazze più desiderate e ambite dell’università, sempre circondata di amiche e di aspiranti fidanzati, mentre Connell ricade in una condizione di marginalità e a tratti di depressione.

Nemmeno Marianne però è immune da fallimenti e passi falsi che la costringono a più riprese a mettersi in discussione e a rivedere le sue convinzioni.

Nel frattempo Marianne e Connell si avvicinano a si allontanano più volte nel corso di questi anni, e il loro rapporto oscilla tra indifferenza, amicizia, condivisione sessuale, amore, mentre ognuno di loro sperimenta rapporti con altre persone e si interroga su quello che vuole dalla vita, oltre a fare i conti con le tare che si porta dietro dal passato e i traumi familiari anche presenti.

Al termine della lettura di questo secondo romanzo non posso che confermare l’impressione che già avevo avuto dopo la lettura del primo: faccio fatica a immedesimarmi in questi due giovani forse perché sono molto più giovani di me (ma non sono convinta che alla loro età io fossi come loro, o magari non me lo ricordo) ovvero perché appartengono a una generazione costituzionalmente diversa dalla mia.

Le loro profonde insicurezze, il male di vivere, il disagio profondo, le difficoltà a gestire le apparenze sociali fanno a pugni con la libertà ch’essi mostrano rispetto alle forme della relazione e alla propria sessualità. Tutto quello che per noi era tabù e, non solo non si poteva nominare, ma quasi non si poteva nemmeno pensare per questi ragazzi è un’opzione possibile; però queste possibilità non si traducono in uno stato psicologico più risolto e in scelte di vita più pacifiche, bensì in un’inquietudine costante e in forme di autosabotaggio per certi versi quasi incomprensibili.

I personaggi della Rooney sono probabilmente il corrispettivo contemporaneo di un giovane Holden, e mi chiedo se la generazione successiva a quella di Salinger avesse - rispetto al modo di essere di Holden e dei suoi coetanei – la stessa sensazione di estraneità e la stessa difficoltà a comprendere che provo io.
Mi piacerebbe anche sapere se e cosa questo romanzo dice a chi di quella generazione fa parte, e devo ammettere che se penso ad alcune persone che conosco e che vi appartengono riconosco effettivamente dei tratti che li accomunano.

Insomma, per quanto mi riguarda più uno studio antropologico e sociale, che un vero piacere nella lettura, cosa che in qualche modo finisce per lasciarmi insoddisfatta.

Voto: 3/5

lunedì 28 dicembre 2020

La saga dei Cazalet. Gli anni della leggerezza / Elizabeth Jane Howard

La saga dei Cazalet. Gli anni della leggerezza
/ Elizabeth Jane Howard; trad. di Manuela Francescon. Roma: Fazi editore, 2015.

Chi legge un po' questo mio blog sa che le saghe familiari sono uno dei generi letterari che prediligo e che mi piace particolarmente leggere. Per questo era già da un po' che avevo adocchiato i cinque volumi della saga dei Cazalet di Elizabeth Jane Howard.

All'avvicinarsi delle vacanze estive ho pensato che quello sarebbe stato il momento perfetto per affrontare senza eccessive interruzioni il primo volume della serie, Gli anni della leggerezza (la recensione arriva però solo ora, alla fine di questo anno funesto).

Ho così fatto la conoscenza con i Cazalet, ossia il generale e la duchessa che vivono nella casa di Home Place, nonché con Hugh, Edward, Rupert e le rispettive mogli (Sybil, Villy e Zoe) e Rachel, la figlia non sposata che abita con i genitori e che è innamorata, ricambiata, di una donna, Sid, poi i numerosi nipoti, figli delle tre coppie prima citate. Intorno a questi personaggi ne ruotano parecchi altri, in primis le figure che compongono la servitù delle famiglie: cuoche, domestiche, giardinieri e baby sitter.

Questo primo volume si articola in due parti, una ambientata nel 1937 e la seconda nel 1939 quando nell'aria già si agitano i venti della guerra, anche se tutti sono ancora convinti che il conflitto possa essere evitato.

In questo tempo sospeso e tutto sommato ancora tranquillo si svolgono le vite di tutti questi personaggi e cominciano a delinearsi i caratteri e i tratti di ognuno e le relative dinamiche reciproche. La Howard, con la sua scrittura sapiente e attenta, rivela a poco a poco tutto quello che si nasconde dietro l'apparenza perfetta di una famiglia dell'alta borghesia inglese (i Cazalet hanno un'azienda di legname che importano da molte parti del mondo): amori, tradimenti, antipatie, risentimenti, preoccupazioni, errate convinzioni ecc. Di fatto tutto quello che caratterizza qualunque consesso familiare, solo che in questo caso avviene all'interno di una famiglia la cui quotidianità è scandita da weekend nella casa di campagna, partite di squash, thè del pomeriggio, ricevimenti e altre occasioni mondane.

Il ritratto dei personaggi che viene tratteggiato dalla Howard è vivido e ognuno di loro si caratterizza in maniera molto precisa, per certi versi fin troppo, così come anche i cambiamenti che intervengono nei loro comportamenti (come ad esempio nel caso di Zoe) risultano molto netti al punto da risultare poco credibili.

Come è inevitabile che sia nelle saghe familiari, anche in questo caso il lettore finirà per affezionarsi ai personaggi e per sviluppare le sue personali forme di simpatia e antipatia verso ognuno di loro.

A me personalmente hanno divertito soprattutto le figure dei nipoti, dai più grandi ai piccoli, secondo me i personaggi forse più complessi e meno prevedibili, nonché quelli più divertenti.

Non posso dire che la scrittura della Howard mi abbia conquistata e, pur avendo letto gradevolmente questa storia, non ne sono stata totalmente catturata al punto da desiderare ardentemente di leggere la puntata successiva appena chiusa l'ultima pagina.

Diciamo che è come se la storia dei Cazalet in questo momento della mia vita non avesse niente di particolare da dirmi e dunque la lettura de Gli anni della leggerezza è stata una lettura piacevole, ma non molto di più.

Magari più avanti chissà!

Voto: 3/5

giovedì 17 dicembre 2020

Guardati dal beluga magico/ Daniel Cuello

Guardati dal beluga magico / Daniel Cuello. Milano: Bao Publishing, 2018.

Grazie alle mie amiche L. e I. non solo ho conosciuto Daniel Cuello ma - dopo aver comprato Mercedes – ho potuto leggere anche Residenza Arcadia e ora Guardati dal beluga magico.

A differenza dei due graphic novel già letti quest’ultimo albo è di fatto una raccolta di strisce già pubblicate altrove, incorniciate però da un prologo e da una storia in tre capitoli. Inoltre, in questo caso protagonista assoluto della narrazione è lo stesso Cuello, e dunque il registro si fa ancora più ironico e autoironico.

La storia che fa da contorno si basa sull'idea che il beluga rappresenti tutte le paure del fumettista e lo spettro di tutto ciò che incombe su di lui e che può andare male; questa condizione di stress del protagonista viene raccontata all’interno di una narrazione che si ispira al Canto di Natale di Dickens, con un alter ego di Cuello che è il lui stesso del futuro e che lo mette di fronte alle sue idiosincrasie e alla necessità di liberarsene.

All’interno di questa storia gustosa ma non imprescindibile, la vera chicca dell’albo restano però le strisce in cui Cuello riesce a enucleare alcune situazioni della sua vita quotidiana (e della vita quotidiana di tutti) facendoci al contempo ridere e vergognare non solo e non tanto di lui, quanto di noi stessi, nel momento in cui ci riconosciamo nelle sue piccinerie e in quelle degli altri.

Le strisce di Cuello mi hanno ricordato quelle raccolte da Paco Roca in Memorie di un uomo in pigiama, in quanto dimostrano la medesima autoironia, nonché la medesima capacità di osservare ed estrapolare dalla quotidianità situazioni esemplari e riconoscibili per tutti.

Ne viene fuori che, accanto ai fumettisti che ci raccontano il male di vivere e con una propensione malinconica, i quali attingono soprattutto a storie ed episodi della propria adolescenza, esiste un altro gruppo che utilizza massicce dosi di ironia e autoironia come strumento per gestire il proprio senso di inadeguatezza e una tendenziale sociopatia (del resto, è un po’ quello che penso dei miei contatti su FB che nei post appaiono più brillanti e divertenti!). E del resto, passare ore e ore del proprio tempo a fare i “disegnetti” come dice Zerocalcare (o pure a raccontare storie su FB) qualcosa dovrà pur significare! ;-)

Per quanto riguarda noi lettori non possiamo che essere grati al fato che anziché spingere queste persone verso altri territori li ha non solo dotati di un talento, ma ha fatto sì che questo talento venisse messo a disposizione di tutti attraverso le loro storie.

Voto: 4/5

domenica 13 dicembre 2020

La ragazza del Kyūshū / Matsumoto Seichō

La ragazza del Kyūshū / Matsumoto Seichō; trad. di Gala Maria Follaco. Milano: Adelphi, 2019.

Di Matsumoto Seichō avevo letto tempo fa Tokyo Express ed ero rimasta favorevolmente colpita dalla sua capacità di tenere insieme classico e moderno (è un libro del 1958 ma risulta di straordinaria modernità), nonché Occidente e Oriente (l'impianto del giallo è perfettamente riconoscibile per un lettore occidentale, ma le ambientazioni e gli "umori" del libro sono profondamente giapponesi). Per questo avevo deciso di continuare nella scoperta di questo autore comprando e leggendo La ragazza del Kyūshū, romanzo scritto nel 1961 e solo ora tradotto per il pubblico italiano.

Il Kyūshū fa da ideale trait d'union tra i due romanzi, visto che in entrambi i casi questa regione "remota" del Giappone è motore della vicenda. Rispetto a Tokyo Express, in questo caso - più che dalle parti del giallo-poliziesco - ci muoviamo  nell'area del noir con una coloritura giudiziaria.

La storia è quella di Kiriko, la ragazza del Kyūshū appunto, che dopo un lungo viaggio si presenta a Tokyo nell'ufficio dell'avvocato Ōtsuka Kinzo, un famoso penalista, per chiedergli di assumere la difesa di suo fratello, accusato dell'omicidio di una vecchia usuraia a cui doveva dei soldi. Kiriko è convinta dell'innocenza di suo fratello e del fatto che un avvocato di qualità potrebbe salvarlo dalla pena di morte.

L'avvocato però non accetta il caso, sia perché distratto da vicende personali sia perché Kiriko non ha i soldi per pagare la sua parcella.

Questa è solo la premessa di una narrazione appassionante (anche se forse questo termine non rende correttamente l'idea di un incedere narrativo asciutto e inesorabile) che ci accompagnerà passo a poco alla scoperta dei fili che Kiriko intesse per comporre una vendetta lucida e senza pietà nei confronti dell'avvocato.

Nel romanzo di Matsumoto c'è sicuramente uno spunto critico sul sistema giudiziario giapponese, ma c'è anche tantissimo di una cultura giapponese capace di fare della pazienza e della determinazione delle potentissime armi di vendetta e di realizzazione dei propri obiettivi.

Nel procedere delle pagine sembra di vederlo lo sguardo determinato e impassibile di questa ragazza del Kyūshū, la cui rabbia e dolore sono state sublimate in fredda e inscalfibile strategia al servizio di una vendetta che non si accontenta di mezze misure.

Per me la conferma di un autore di grandissimo interesse per la sua eccellente capacità di raccontare visivamente non solo azioni e ambientazioni, ma anche sentimenti e stati d'animo.

Voto: 4/5

mercoledì 9 dicembre 2020

15 romanzi da regalare a Natale

Non amo molto le liste di fine anno. I migliori libri. I migliori film. Le migliori serie tv.
In realtà quelle degli altri mi piacciono, e le utilizzo parecchio, ma quando devo scriverle io mi annoio e non riesco a portare a termine il compito.

Quest’anno però accade che il mio amico F. mi scriva: “Perché non fai un post con una lista di libri da regalare per Natale?” E così, all’improvviso, mi dico: “Perché no?”

Questi sono i 15 romanzi (perché i saggi difficilmente li recensisco, anche se li leggo) che vi consiglio di regalare a Natale, ognuno pensato per un diverso tipo di persona. 

P.S. I libri non seguono alcun particolare ordine. Sono tutti romanzi diversi e che io ho amato per motivi diversi.

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Patria / Fernando Aramburu; trad. di Bruno Arpaia. Milano: Guanda, 2017.

Per chi ama le storie familiari che si intrecciano con la Storia con la S maiuscola.

In questo romanzo Fernando Aramburu ci parla di due ferite: quella che divide due famiglie basche e quella che ha diviso per molti decenni un'intera nazione. La causa di queste ferite è una sola: l'azione terroristica dell'ETA e l'ideologia dell'indipendentismo.

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Le cure domestiche / Marilynne Robinson; trad. di Delfina Vezzoli. Torino: Einaudi, 2016.

Per chi cerca una scrittura di alto livello e storie dagli esiti non scontati.

Ruth e Lucylle sono sorelle, legatissime, quasi simbiotiche nel loro rapporto. Un giorno la loro madre, Helen, le porta - con la macchina di un'amica - nel Midwest, a Fingerbone, dove è nata, e dopo averle lasciate sulla soglia di casa della nonna con un pacco di crackers, si va a gettare nel grande lago vicino alla cittadina, dove molti anni prima è morto anche suo padre in seguito a un incidente ferroviario che è ancora nella memoria di tutti.

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La canzone del ritorno / David Trueba; trad. di Pino Cacucci. Milano: Feltrinelli, 2017.

Per chi ha un rapporto complicato con le proprie origini.

Il libro di Trueba racconta la storia di Dani Mosca - nome d'arte di un cantante di mezza età, separato da Kei, una donna giapponese, padre di due figli, con un discreto successo alle spalle - il quale decide, a un anno dalla morte del padre, di portare la sua salma al paese natale per seppellirla lì.
Il viaggio verso il paese del padre (dove lui ha trascorso solo qualche estate) e la festa organizzata dai compaesani per il suo arrivo saranno l'occasione di numerosi flashback sulla sua vita, non necessariamente raccontati in ordine 

cronologico ma seguendo il flusso dei ricordi.

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Riparare i viventi / Maylis De Kerangal; trad. di Maria Baiocchi con Alessia Piovanello. Milano: Feltrinelli, 2015.

Per chi ama le storie che tolgono il respiro.

Simon Limbres è un ragazzo di 19 anni, appassionato di surf. Una mattina qualunque si sveglia all'alba per andare a fare una sessione di surf insieme a due suoi amici. Sulla strada del ritorno, forse per un colpo di sonno del ragazzo alla guida, il pulmino finisce contro un palo e Simon - che è l'unico inevitabilmente senza cintura perché seduto al centro nei sedili davanti del pulmino - muore nell'incidente. Da lì inizia una corsa contro il tempo e nei sentimenti.

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Il buio oltre la siepe / Harper Lee; trad. di A. D'Agostino Schanzer. Milano, Feltrinelli, 2002.

Per chi preferisce i classici e i racconti di coming of age.

Scritto da Harper Lee (amica di Truman Capote, cui alcuni attribuiscono l'effettiva scrittura del romanzo), fu pubblicato la prima volta nel 1960 (il suo titolo originale è To Kill A Mockingbird) e vinse il Premio Pulitzer. Dal libro è stato tratto anche un film con Gregory Peck.

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Le braci / Sàndor Màrai; a cura di Marinella D'Alessandro. Milano, Adelphi, 1998.

Per chi ama l’introspezione psicologica e le narrazioni incentrate sui sentimenti.


In questo romanzo non accade praticamente nulla. Ci sono due uomini, Henrik e Konrad, che si incontrano dopo più di quarant'anni per chiarire e capire ciò che quarant'anni prima li ha divisi. In realtà, è un lunghissimo monologo di Henrik, sebbene sia la presenza silenziosa di Konrad a conferire carica emotiva a questo racconto di sentimenti.

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I formidabili Frank / Michael Frank; trad. di Federica Aceto. Torino: Einaudi, 2018.

Per chi vuole sorridere ma anche riflettere.

I formidabili Frank è lo splendido memoir scritto da Michael Frank, scrittore e saggista americano che vive tra New York e la Liguria. Come lui stesso spiega nelle interviste e accenna anche nel libro, inizialmente aveva provato a trasformare la storia della sua famiglia in un romanzo di fiction, ma i personaggi, in particolare quello centrale di zia Hank, risultavano poco credibili, e dunque a un certo punto Michael ha capito che l’unico modo per raccontare questa storia era quella di attenersi alla realtà dei fatti, per quanto ovviamente filtrati dal suo punto di vista.

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Il nostro meglio / Thi Bui; trad. di Veronica Raimo. Milano: Mondadori, 2018.

Per chi legge graphic novel che raccontano storie individuali con un taglio universale.

L'opera di Thi Bui nasce dall'urgenza di scavare nella storia familiare nel momento in cui la donna partorisce il suo primo figlio e si trova di fronte al senso di responsabilità enorme che questo comporta. È qui che la donna comincia a interrogarsi sui suoi genitori e a voler comprendere cosa si nasconde dietro i loro comportamenti e quali sono le radici di alcuni loro modi di essere.

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La trilogia di Fabio Montale: 1. Casino totale; 2. Chourmo; 3. Solea / Jean-Claude Izzo; con una biografia inedita di Jean-Claude Izzo a cura di Nadia Dhoukar. Roma: edizioni e/o, 2011.

Per chi ama i noir e Marsiglia.

Il protagonista di questi tre noir, Casino totale, Chourmo e Solea, che si chiama appunto Fabio Montale, ed è un poliziotto di origine italiana ma profondamente legato alla sua Marsiglia, vive in una casetta ereditata dal padre che si trova a Les Goudes, dove ha per vicini di casa la vecchia Honorine e il gestore di un bar-osteria che si chiama Fonfon. Da qui Montale esce in barca per pescare e soprattutto per perdersi nei suoi pensieri e per coltivare la solitudine.

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Vincoli. Alle origini di Holt / Kent Haruf; trad. di Fabio Cremonesi. Milano: Enne Enne Editore, 2018.

Per chi si tuffa nelle storie senza tempo, ambientate nella polvere delle pianure americane.


La storia prende l'avvio alla fine dell'Ottocento, quando Roy Goodnough e sua moglie Ada si trasferiscono dall'Iowa in Colorado, nella campagna intorno a Holt, alla ricerca di una vita diversa e di fortuna. In realtà qui troveranno soltanto una terra aspra e sabbiosa, che solo a prezzo di enormi sacrifici personali e di durissimo lavoro potrà consentire a questa coppia e poi ai loro due figli, Edith e Lyman, di sopravvivere.

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Una vita cinese. Il tempo del padre / Li Kunwu e Philippe Otié. Torino: add editore, 2016.

Una vita cinese. 2. Il tempo del partito / Li Kunwu e Philippe Otié. Torino: add editore, 2017.

Una vita cinese. 3. Il tempo del denaro / Li Kunwu e Philippe Otié. Torino: add editore, 2017.


Per chi vuole capire di più di un paese protagonista della contemporaneità e ama il linguaggio dei graphic novel.

Li Kunwu, detto Xiao Li (giovane Li), è nato nel 1955 da un padre dirigente del partito comunista e dunque ha attraversato tutte le fasi della storia recente della Cina: il periodo di Mao Zedong e della rivoluzione culturale, la morte di Mao e la fine della rivoluzione culturale con l'arresto della banda dei quattro su iniziativa del nuovo leader Hua Guofeng, l'ascesa di Deng Xiaoping e l'inizio del processo di riforma economica, l'espansione economica cinese e la sua definitiva consacrazione a potenza mondiale.

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La bastarda della Carolina / Dorothy Allison; trad. di Sara Bilotti. Roma: minimum fax, 2018.

Per chi vuole sentire raccontare le storie finalmente dal punto di vista di una donna.

Siamo negli anni Cinquanta in South Carolina. Bone è la prima figlia della giovanissima Annie e non sa né saprà mai chi è suo padre. Alla sua nascita sua madre non può impedire che sul certificato compaia il timbro "bastarda".
Il romanzo di Dorothy Allison, in parte autobiografico, ci racconta l'infanzia e la prima adolescenza di Bone e, attraverso la sua storia, ci descrive un mondo fatto di povertà, di violenza, di sensi di colpa, ma anche di grandi affetti e di generosità.

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Non lasciarmi / Kazuo Ishiguro; trad. di Paola Novarese. Torino: Einaudi, 2006.

Per chi vuole sperimentare il genere distopico uscito dalla penna di un Premio Nobel.

Della storia è d'obbligo non rivelare troppi particolari. Possiamo certamente dire che protagoniste di questa storia sono tre persone, Kathy, che è anche la voce narrante, Tommy e Ruth. Il libro si articola in tre parti corrispondenti a tre fasi ed età diverse della vita di questi personaggi: la prima è ambientata a Hailsham, una specie di collegio dove i tre vivono fino quasi alla maggiore età e dove ricevono la loro formazione; la seconda ambientata ai Cottages, delle case organizzate come un piccolo villaggio autonomo dove gli studenti di Hailsham e di altri collegi vanno a vivere quando diventano grandi e autonomi; infine, nell'ultima parte i tre hanno preso ciascuno la propria strada e queste strade si incroceranno, volontariamente e involontariamente, rivelando a poco a poco tutta la verità sulle loro vite.

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Il weekend / Charlotte Wood; trad. di Chiara Baffa. Milano: Enne Enne Editore, 2020.

Per chi vuole leggere dell’amicizia femminile nella terza età. E riflettere con un sorriso.

Jude è una donna inflessibile e austera, ha sempre qualcosa da ridire nei confronti delle sue amiche; da molti anni ha una relazione con un uomo sposato della cui famiglia ha accettato l'esistenza.
Wendy è vedova e ha un rapporto parecchio tormentato con i suoi figli; è stata una grande studiosa e ora vive nel ricordo del suo amore per Lance e dedica tutte le sue cure al povero cane Finn, ormai decrepito, ma che non vuole far abbattere.
Adele è un'attrice che ha avuto un momento di grande successo a teatro, ma è ormai in declino; è senza un soldo perché la sua compagna Liz l'ha lasciata e nonostante tutto ha una vitalità incredibile sebbene talvolta scomposta.

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In viaggio contromano: The Leisure Seeker / Michael Zadoorian; trad. di Claudia Tarolo; prefazione di Paolo Giordano. Milano: Marcos y Marcos, 2009.

Per chi vuole riflettere sul senso della vita e sulla sua straordinaria bellezza. E non è preoccupato di versare qualche lacrima leggendo.

Quello di Ella e John è - a detta di tutti, in particolare dei loro figli Cynthia e Kevin e del loro medico Tomaszewski - un viaggio folle. Ella ha un cancro, nonché una serie di altre patologie; John invece è malato di Alzheimer.
Ma i due decidono di partire a dispetto del mondo con il camper di famiglia, il Leisure Seeker: dalla loro casa vicino Detroit in Michigan imboccano la mitica Route 66 seguendo la quale arriveranno fino all'oceano e poi come destinazione finale a Disneyland.

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giovedì 3 dicembre 2020

Il weekend / Charlotte Wood

Il weekend / Charlotte Wood; trad. di Chiara Baffa. Milano: Enne Enne Editore, 2020.

Libro dopo libro Enne Enne Editore (NNEditore) sta diventando uno dei miei editori preferiti, e non solo perché ha permesso di scoprire a me (e ad altri milioni di altri lettori) Kent Haruf ma anche perché continua a scovare nella letteratura internazionale piccole gemme, passate e contemporanee, da proporre al pubblico italiano.

In questo caso, parliamo del libro di una scrittrice australiana, Charlotte Wood, pubblicato nella sua versione originale nel 2019. Ne Il weekend si raccontano 48 ore della vita di tre amiche ormai settantenni, Jude, Wendy e Adele, che si ritrovano nella casa di Sylvie a Bittoes per svuotarla dopo la sua morte.

Jude è una donna inflessibile e austera, ha sempre qualcosa da ridire nei confronti delle sue amiche; da molti anni ha una relazione con un uomo sposato della cui famiglia ha accettato l'esistenza.

Wendy è vedova e ha un rapporto parecchio tormentato con i suoi figli; è stata una grande studiosa e ora vive nel ricordo del suo amore per Lance e dedica tutte le sue cure al povero cane Finn, ormai decrepito, ma che non vuole far abbattere.

Adele è un'attrice che ha avuto un momento di grande successo a teatro, ma è ormai in declino; è senza un soldo perché la sua compagna Liz l'ha lasciata e nonostante tutto ha una vitalità incredibile sebbene talvolta scomposta.

Sylvie ci viene presentata come il perno intorno al quale ruotava l'amicizia tra queste quattro donne, quella che teneva in equilibrio le personalità disallineate delle altre tre. Non a caso, quando le tre donne si ritrovano insieme nella casa di Sylvie le tensioni e i rancori non mancano, ognuna si sente vittima dei giudizi delle altre, così come ognuna è pronta ad allearsi con una delle altre due per fare fronte comune contro la terza se necessario.

Il punto di vista si sposta continuamente da una donna all'altra, e a poco a poco entriamo nelle vite e nei pensieri più intimi di Jude, Wendy e Adele, scoprendo cosa si agita nei loro cuori e quali sono i fantasmi del passato che si portano dietro. Ciò che accomuna tutte è la necessità di fare i conti con il passare del tempo e con la prospettiva della morte, che il povero cane Finn materializza costantemente davanti ai loro occhi. Tre donne abituate a essere indipendenti e vitali, con storie personali importanti e vite piene, si ritrovano a confrontarsi con le defaillances dei loro fisici e con prospettive di futuro non certo radiose ed entusiasmanti.

Il tono del libro non è però lamentevole o deprimente, bensì venato costantemente dell'umorismo e della vitalità che sono le caratteristiche che accomunano le tre donne pur nella loro diversità. In un crescendo di tensione elettrica che culminerà in un forte temporale estivo, le tre amiche saranno messe di fronte a verità scomode ed eventi inattesi che, lungi dal rompere il loro legame, le uniranno ancora di più e le aiuteranno a capire che la vita non finisce mai di stupirci con le sue sorprese, che la nostra conoscenza di noi stessi continua per tutta la durata della nostra esistenza e che l'amicizia e il suo miracolo sono un bene prezioso e imprescindibile.

Bella anche la nota della traduttrice, Chiara Baffa, che in fondo al volume ci racconta come si sia dedicata a questa traduzione durante il periodo del lockdown e come questa condizione abbia colorato la narrazione della Wood di significati ancora più speciali di quelli che avrebbe già avuto in un periodo di vita normale.

Un libro da leggere per guardare alla vecchiaia con occhi diversi.

Voto: 4/5

martedì 1 dicembre 2020

Quando il rosso è nero / Qiu Xiaolong

Quando il rosso è nero
/ Qiu Xiaolong; trad. di Fabio Zucchella. Venezia: Marsilio, 2017.

Ed eccomi al classico appuntamento con i gialli/polizieschi di ambientazione cinese (precisamente Shanghai) di Qiu Xiaolong.

Quando il rosso è nero è il terzo caso per l'ispettore Chen Cao. In realtà qui il responsabile dell'indagine è il suo secondo Yu, in quanto Chen è in ferie, impegnato nella traduzione dall'inglese di un progetto di costruzione di un nuovo complesso edilizio, frutto del fenomeno di occidentalizzazione della città talvolta travestito da operazioni di recupero culturale.

Oggetto dell'indagine è l'omicidio di una ex Guardia Rossa nel suo monolocale di una shikumen, le tipiche case cinesi costruite nelle antiche concessioni.

Il caso, in quanto considerato di rilevanza politica, viene affidato all'ispettore Chen e a Yu affinché si escluda qualunque coinvolgimento politico in tempi rapidi.

Come sempre, la vicenda narrativa diventa per Qiu Xiaolong l'occasione di raccontare le complessità e le contraddizioni della Cina contemporanea, totalmente proiettata verso forme di economia capitalistica sempre più spinte e al contempo impegnata a ricucire i profondi strappi politici e sociali determinati dalla Rivoluzione culturale e da tutto quello che ne è seguito.

Non mancano le incursioni narrative nella poesia e nella cucina tradizionale cinese, due cose delle quali l'ispettore Chen è particolarmente appassionato.

Per chi già conosce la Shanghai di Chen Cao e i personaggi che la popolano (Peiqin e Qinqin, moglie e figlio di Yu, Nuvola Bianca, la giovane studentessa che fa da segretaria a Chen, il segretario di partito Li) sarà come ritrovare un mondo familiare, pur nelle sue assurdità che per noi sono a tratti quasi incomprensibili. Per tutti gli altri sarà l'occasione di capire un po' meglio un paese che fa di tutto per occultare il suo passato e alcune sue caratteristiche al mondo intero, e anche di apprezzarlo nella sua ricchezza e varietà.

Una lettura che vale sempre la pena.

Voto: 3,5/5