sabato 28 dicembre 2019

Fronte del porto / regia di Alessandro Gassmann. Teatro Argentina, 13 dicembre 2019

Sempre più spesso negli ultimi anni accade che il mondo del teatro e quello del cinema si intersechino, si sovrappongano e si scambino testi e contenuti. Ci sono testi nati per il teatro che diventano sceneggiature di film di successo (gli esempi potrebbero essere numerosissimi, mi viene in mente ad esempio Carnage) e ci sono sceneggiature scritte per il cinema che vengono riadattate come testi per la messa in scena teatrale (vedi ad esempio lo spettacolo teatrale basato sul film Qualcuno volò sul nido del cuculo). Spesso sia gli uni che gli altri arrivano ancora da più lontano, ossia hanno alle spalle romanzi e racconti di autori più o meno famosi (penso ad esempio allo spettacolo teatrale Misery, basato sulla sceneggiatura del film di Reiner, a sua volta frutto dell'adattamento del romanzo di Stephen King).

Le diverse scritture dialogano tra loro e si trasformano in base alle necessità di comunicazione che caratterizzano ciascun mezzo. Gli esiti possono essere vari e l'operazione può risultare più o meno riuscita a seconda della capacità di interpretare e adattare un contenuto a un linguaggio differente.

Nel caso delle regie teatrali di Alessandro Gassmann, in cui - anche per motivi personali - questo legame con l'immaginario cinematografico è molto forte, l'osmosi tra il linguaggio cinematografico e quello teatrale è particolarmente evidente non solo nella scelta delle storie da raccontare, spesso provenienti da pellicole cinematografiche ovvero destinate a diventare film, bensì anche nella messa in scena, nel meccanismo narrativo e nelle scenografie.

Gassmann ama molto immergere gli attori che recitano sul palco all'interno di ambientazioni realistiche proiettate sull'apposito telo calato davanti al palco, e queste immagini - fisse o in movimento - si vanno a integrare con la scenografia fisica. Questa firma registica è pienamente confermata anche nello spettacolo Fronte del porto, ispirato alla sceneggiatura scritta da Budd Schulberg e diventata poi il film omonimo di Elia Kazan, poi adattata per il teatro dall'inglese Steven Berkoff da cui è partito l'autore del testo italiano Enrico Ianniello.

Rispetto alla sceneggiatura e al famoso film con Marlon Brando (che io però non ho visto!) il regista qui sceglie di ambientare la vicenda nel porto di Napoli negli anni Ottanta, quando il porto era completamente gestito dalla malavita. Il protagonista è Francesco Gargiulo (interpretato da Daniele Russo, interprete anche di un'altra regia teatrale di Gassmann, ossia Qualcuno volò sul nido del cuculo), un ex pugile che ora fa lo scaricatore di porto e suo malgrado deve sottostare alle imposizioni del boss locale, Giggino Compare (Ernesto Lama), tanto più che il fratello di Francesco fa parte della banda di quest'ultimo.

Quando Francesco si trova coinvolto nella morte di Beppe, ucciso dalla malavita perché voleva testimoniare a un processo, inizia a poco a poco un percorso di consapevolezza e presa di coscienza, favorito anche dall'incontro con don Bartolomeo (Emanuele Maria Basso) e dall'innamoramento per Erica (Francesca De Nicolais), la sorella di Beppe. Un uomo semplice e ruvido, ma anche mite e di buon cuore come Francesco andrà incontro a una metamorfosi e troverà il coraggio di prendere posizione mettendo a rischio la propria stessa vita.

La storia ricreata in questa ambientazione è resa coinvolgente e realistica, pur nella sua semplicità, da una scenografia molto efficace che, oltre ai video e alle immagini proiettate che mostrano i vicoli di Napoli e le banchine del porto, utilizza delle pareti che si muovono su sé stesse e sulle quali si aprono delle porte, diventando - a seconda dei casi e delle diverse scene - le pareti dei container al porto, l'ingresso o gli interni di case, i muri delle strade della città e così via.

Nel complesso lo spettacolo ha un ritmo molto serrato, è ben recitato e piuttosto coinvolgente, dunque risulta infine molto godibile. Non posso dire che mi abbia totalmente conquistata, sebbene io faccia fatica a capire esattamente perché: forse un po' perché conoscendo le regie di Gassmann mi aspettavo già un certo tipo di messinscena, o perché il mio cinismo non mi ha permesso di riconoscere come realistici e davvero possibili il cambiamento e il riscatto del protagonista. O forse niente di tutto questo, e solo una mia contingente predisposizione poco felice.

Il giudizio resta comunque positivo e lo spettacolo certamente da consigliare.

Voto: 3,5/5

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