venerdì 12 aprile 2019

Un nemico del popolo / con Massimo Popolizio e Maria Paiato. Teatro Argentina, 29 marzo 2019

Il dottor Tomas Stockmann (Massimo Popolizio) vive con la sua famiglia ed esercita la sua professione di medico in una piccola cittadina la cui economia e prosperità molto deve al locale stabilimento termale, il cui presidente è il sindaco del paese, nonché fratello del dottore, Peter Stockmann (una Maria Paiato credibilissima anche in ruolo maschile).

Quando Tomas scopre, attraverso dei prelievi, che le acque sono inquinate e rappresentano un pericolo per la salute pubblica, si rivolge ai giornali locali per pubblicare il suo rapporto e mettere in guardia la comunità. Appena le intenzioni del dottore giungono all'orecchio del sindaco, quest'ultimo - preoccupato dell'economia del paese e del costo della bonifica - fa pressioni sulla stampa perché si astenga dal pubblicare il rapporto e trascina il dottore in un confronto pubblico con la comunità, chiamata a decidere cosa fare.

Il dottore si ritroverà ben presto non solo isolato, ma anche osteggiato dalla sua comunità che finirà per considerarlo un pericolo, se non addirittura un traditore mosso da interessi personali.

Il dramma in cinque atti di Ibsen è un testo che Popolizio, in qualità di regista e anche di interprete principale, cerca di rendere accattivante e di portare alla luce in tutta la sua modernità, e lo fa sia a livello di messa in scena sia a livello testuale, anche grazie alla traduzione di Luigi Squarzina.

Scenografia e costumi sembrano fare riferimento a un immaginario industrial/steampunk/far west, e le musiche fanno pensare a un profondo sud americano, fors'anche per la figura del giovane ragazzo di colore ubriaco che fa da narratore della vicenda, e che è una invenzione del regista non presente nel testo originario di Ibsen.

La scenografia è apparentemente molto semplice ed essenziale, però man mano che lo spettacolo prosegue e cambiano le scene, le pareti mobili dimostrano di essere un congegno piuttosto sofisticato che può diventare a seconda dei casi la casa di Stockmann, la redazione del giornale "La voce del popolo" ovvero l'aula dove si tiene l'assemblea cittadina.

Sul piano dei contenuti, a una lettura più superficiale la vicenda sembra configurarsi come la contrapposizione tra i compromessi e la capacità manipolatoria della politica da un lato e l'idealismo e l'etica dello scienziato dall'altro, mentre la stampa ne viene fuori come una cassa di risonanza del più forte o comunque di chi ha il maggiore sostegno pubblico. In questa contrapposizione sembra essere stigmatizzata la fallibilità della maggioranza, le cui scelte e decisioni sono spesso il frutto di reazioni di pancia, ovvero di stupidità e manipolazioni.

Come nello spettacolo di Germano - visto solo il giorno prima - il sistema democratico fondato sul potere della maggioranza sembra essere preso di mira per mostrarne tutti i difetti e le fallacie, ma senza che questo porti con sé soluzioni di governo più convincenti e migliori. Del resto, come enuncia la frase attribuita a Churchill, la democrazia è la peggior forma di governo, eccezion fatta per tutte le altre forme che sono state sperimentate finora.

Ho però idea che a una lettura più profonda e meno superficiale, il testo di Ibsen e la messa in scena di Popolizio siano molto meno lineari nel tracciare una linea netta di demarcazione tra bene e male e tra giusto e sbagliato, e in un certo senso puntino a svelare la naturale tendenza umana alla semplificazione e alla polarizzazione, che è invece l'esatto opposto del governo della società.

La politica - nella sua accezione più nobile - è per sua stessa natura ricerca del compromesso e composizione di interessi contrapposti, ed è evidente che in una situazione come quella rappresentata (che potrebbe richiamare alla mente una vicenda come quella dell'ILVA di Taranto) esiste da un lato la salute pubblica che deve essere tutelata e dall'altra l'economia locale e il lavoro della comunità che devono essere salvaguardati. Qualunque soluzione non può prescindere dalla ricerca di una strategia politica che persegua parallelamente questi due obiettivi, ed è evidentemente in malafede chi propone di affidare all'opinione pubblica la scelta della linea da attuare.

Quello che è in discussione nello spettacolo di Popolizio, così come nello spettacolo di Germano, non è dunque il sistema democratico, bensì il populismo riduzionista che si appella alla maggioranza come sommo giudice in qualunque situazione, anche complessa. Come ci hanno insegnato i più grandi costituzionalisti, un sistema costituzionale ben congegnato e funzionante è un delicato meccanismo di pesi e contrappesi, i cosiddetti checks and balances, nel quale molteplici elementi - compreso il voto popolare - concorrono alle scelte migliori possibili, tenendo conto che ogni situazione chiama in causa interessi concorrenti e interpretazioni contraddittorie, ed è dunque al miglior equilibrio possibile che bisogna tendere.

A essere in crisi non è dunque, a mio modesto parere, il meccanismo democratico nella sua accezione complessa, bensì la sua semplificazione e il suo svuotamento nella direzione di un meccanismo decisionale basato sull'acclamazione, che è quanto di più lontano possa esistere dalla ricerca del consenso attraverso il confronto tra le opinioni e la adeguata rappresentazione di maggioranza e minoranze.

Voto: 4/5

Nessun commento:

Posta un commento

Lascia qui un tuo commento... Se non hai un account Google o non sei iscritto al blog, lascialo come Anonimo (e se vuoi metti il tuo nome)!