venerdì 14 dicembre 2018

Roma

Roma, quartiere della borghesia di Città del Messico, primissimi anni Settanta. Cleo (Yalitza Aparicio) è una delle due domestiche che lavorano per la signora Sofia (Marina de Tavira) e suo marito Antonio, e che si occupano della casa e dei quattro figli, Pepe, Sofi, Toño e Paco.

Pur in una convivenza rispettosa tra la famiglia e le domestiche, si tratta di due mondi paralleli e non comunicanti, in cui la vita delle due ragazze indie al di fuori del loro lavoro e degli impegni domestici rimane praticamente invisibile .

Accade però - quasi contemporaneamente - qualcosa di inaspettato e di dirompente per gli equilibri di questi due universi: il dottor Antonio lascia la moglie per un'altra donna e va via di casa, mentre Cleo resta incinta del ragazzo che frequenta e di cui è innamorata, Fermìn, che - appena apprende la notizia - sparisce senza lasciare traccia.

Le due donne si trovano così entrambe a fronteggiare la solitudine e l'intera responsabilità dei figli che ci sono e di quello che nascerà. Quando Cleo comunica alla signora Sofia che è incinta, temendo di essere licenziata, quest'ultima reagisce invece con compassione e utilizza le sue conoscenze e la sua condizione di benessere per aiutare la ragazza.

Nel frattempo le vite delle due donne dovranno individualmente fare i conti con la realtà: Cleo va al villaggio dove vive Fermìn per verificare se è disponibile a prendersi cura di lei e di suoi figlio; la signora Sofia cerca di capire le intenzioni del marito e intanto racconta bugie ai bambini per non destabilizzarli.

Di fronte alla insensibilità, alla durezza e alla superficialità dei loro compagni, le due donne saranno chiamate a reagire al dolore e al senso di colpa e dimostreranno una forza e una dignità straordinarie nel tirare fuori le proprie risorse e nel sapersi reinventare.

In un certo senso, queste due donne così distanti culturalmente e socialmente - e destinate comunque ad appartenere a mondi diversi - si salvano a vicenda, offrendosi reciprocamente l'occasione di un riscatto che dà a ciascuna l'opportunità di ritrovare il senso della propria esistenza.

Questa bellissima storia si muove all'interno di un paese caratterizzato da profonde disuguaglianze (i diseredati che vivono nelle baraccopoli da un lato e i latifondisti che si divertono a sparare e a imbalsamare gli animali dall'altro) e attraversato dai venti della rivoluzione e dalla richiesta di sovvertimento dell'ordine sociale, che il governo cerca di sedare anche reclutando i giovani nullatenenti che vivono nelle baracche e che sono cresciuti nel mito della forza e della fisicità. Allo stesso tempo si respira l'aspirazione alla modernità e la proiezione verso il futuro, come emerge dalla fascinazione collettiva verso la corsa spaziale [in particolare, nelle due scene parallele dei bambini, il ricco e il povero, che giocano a fare gli astronauti, e nella proiezione al cinema del film Marooned (Abbandonati nello spazio)]. Il cinema tra l'altro è fortemente presente e in qualche modo scandisce il tempo libero anche delle classi inferiori (l'altra scena al cinema vede la proiezione sullo schermo di La Grande vadrouille, in italiano Tre uomini in fuga).

Questo straordinario affresco sociale mirabilmente raccontato dal piccolo angolo di visuale di Cleo e della famiglia per la quale lavora è ulteriormente valorizzato dalla meticolosità delle scelte registiche e cinematografiche: un bianco e nero di una bellezza struggente, una ricostruzione degli interni e degli esterni da lasciare a bocca aperta, un sonoro immersivo che ci fa arrivare, come dall'esterno della proiezione, voci e rumori di cose che non vediamo sullo schermo ma che intuiamo.

Alcune sequenze - tra cui per esempio quella che si svolge sulla terrazza dove Cleo sta lavando i vestiti, mentre tutto intorno decine di altre domestiche fanno lo stesso, e dove arriva il piccolo Pepe a giocare con il fratello - sono indimenticabili, così come emozionanti sono i momenti di tenerezza e di interazione tra Cleo e i bambini, quasi certamente un tributo che il regista Alfonso Cuarón fa a queste donne che hanno cresciuto per decenni la futura borghesia messicana.

Ero andata a vedere il film un po' prevenuta, forse condizionata dalle polemiche di Venezia e dai pregiudizi di queste nuove forme di distribuzione di Netflix (che sinceramente continuo a non gradire), ma il film è un grande film ed è - secondo me - un film assolutamente pensato per il grande schermo e la sala cinematografica, cosicché qualunque altra fruizione alternativa sarà in ogni caso un'esperienza in modalità ridotta.

Voto: 4/5

3 commenti:

  1. Concordo, aldilà delle polemiche è un gran film, che meriterebbe di essere visto in sala perchè ha una fotografia abbagliante, spettaacolare. Però siamo onesti: in quanti andrebbero al cinema per vedere un film di due ore e mezza in bianco e nero, senza attori famosi, praticamente senza trama? In questo, sia benedetto Netflix...

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    1. Kris, certamente hai ragione. Netflix - grazie alla coda lunga della rete - certamente consentirà a questo film di essere visto da molte più persone. Anche se secondo me quelle che lo vedranno sono le stesse che se avessero un cinema a portata di mano andrebbero al cinema. Il fatto è che un film così lo vedi solo nelle grandi città (e di solito per poco tempo). Diciamo che è un circolo vizioso difficile da risolvere.

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