martedì 29 maggio 2018

Prima di andar via / di e con Filippo Gili. Teatro Piccolo Eliseo, 18 maggio 2018

Dopo aver scoperto leggendo il Rapporto ISTAT 2018 che appartengo al circa 20% della popolazione italiana che va a teatro almeno una volta all’anno (ma forse al 2% che ci va regolarmente nel corso dell’anno), mi do una spiegazione del perché a ogni spettacolo teatrale che vado a vedere (indipendentemente dalla sua qualità e dal suo costo) il pubblico occupa sempre meno della metà della sala.

Non fa eccezione il pubblico di questo spettacolo - bello e potente - in scena al Piccolo Eliseo, Prima di andar via, scritto e interpretato da Filippo Gili (insieme a Giorgio Colangeli, Michela Martini, Barbara Ronchi e Aurora Peres), per la regia di Francesco Frangipane.

Sul palco un interno familiare: una cucina con un tavolo attorno al quale una famiglia, padre e madre piuttosto anziani e tre figli, un maschio e due femmine, la più piccola delle quali sta finendo un dottorato, è riunita per una cena in cui si parla del più e del meno e ognuno racconta la propria vita e le ultime cose che gli sono capitate.

L’unico silenzioso è Francesco, il figlio maggiore, che a un certo punto interrompe l’allegra chiacchiera familiare per annunciare che il giorno dopo non ci sarà più. Segue un silenzio infinito nello smarrimento generale, che vede ciascun membro della famiglia indietreggiare nella difficoltà di gestire emotivamente e praticamente questa notizia.

A poco a poco il capofamiglia trova la forza di rompere il silenzio dell’incredulità e dello shock per chiedere spiegazioni al figlio. Francesco confessa che ha deciso di suicidarsi perché la sua vita non ha più senso dopo la morte della moglie, ma ha deciso di dirlo a tutti loro per evitargli inutili e immotivati sensi di colpa.

Il vaso familiare è ormai in frantumi, e ciascuno dei membri della famiglia fa dei tentativi più o meno faticosi e impacciati per affrontare questa sconvolgente notizia che gli è stata rivelata. Ognuno di loro deve gestire in momenti diversi la rabbia e il dolore, e reagisce passando dalla volontà di ascoltare alla difficoltà di comprendere, dal tentativo di far ragionare Francesco o ricattarlo affettivamente per fargli cambiare idea alla rassegnazione e all’accettazione di una volontà che sembra irremovibile e rispetto alla quale niente si può.

Questa girandola di sentimenti produce conflitti e tensioni all’interno del nucleo familiare, ognuno è chiamato a prendere una posizione di fronte a questa decisione, in un mix confuso di sentimenti che si aggrovigliano nella mente di ciascuno in un alternarsi di lucidità e folle dolore.

Di fronte all’impotenza - il sentimento, secondo me, più forte con cui siamo chiamati a fare i conti nella vita - inizia la straziante girandola dei saluti, e ognuno cerca il proprio modo personale con cui dire addio a Francesco, fino al momento in cui questi si chiude la porta alle spalle, lasciando la sua famiglia smarrita e dispersa nei quattro angoli della casa. Una famiglia che si ricomporrà poi nell’attesa e in una speranza probabilmente vana, lasciando prefigurare cosa aspetta ognuno di loro per la vita a venire.

Uno spettacolo, quello di Filippo Gili, ben scritto e direi altrettanto ben recitato (a parte qualche momento un pochino troppo sopra le righe per i miei gusti, ma è solo una valutazione personale). La situazione è un classico topos narrativo: un equilibrio familiare mandato in frantumi da una rivelazione sconvolgente, ma il tema è direi piuttosto nuovo e lo sviluppo va – mi pare – al di là della riflessione sulle dinamiche familiari (rispetto alle quali non mi sembra che dica niente di nuovo) per parlare invece della difficoltà – che è di tutti ma ancora di più è propria di un contesto familiare – ad affrontare una scelta che non si può comprendere in alcun modo.

L’elemento paradossale che sta in questo testo, la decisione di Francesco di raccontare alla sua famiglia la sua decisione per evitare sensi di colpa, è il suo punto forte, quello che rende lo sviluppo imprevisto e imprevedibile, nonché potente per il pubblico che assiste, altrettanto scioccato e sospirante di fronte a una situazione in cui nessuno vorrebbe venirsi a trovare.

Voto: 3,5/5

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