venerdì 23 febbraio 2018

Lampedusa / Anders Lustgarten. Teatro Piccolo Eliseo, 18 febbraio 2018

Un palcoscenico in cui domina un piccolo faro giallo, mentre al soffitto sono appese decine di luci che si accendono o si spengono a seconda dei momenti.

Sulla scena due personaggi che alternativamente si rivolgono al pubblico raccontando le proprie vite.

Da un lato un pescatore di Lampedusa, che ha smesso di pescare pesci perché nell'isola è diventato molto più redditizio occuparsi di recupero dei cadaveri in mare.

Dall'altro una giovane donna italo-marocchina che vive a Milano e lavora per una società che si occupa di recupero crediti.

I due si dividono il palco, estranei l'uno all'altra e destinati a non incontrarsi mai nella "realtà", ma il contatto dei loro sguardi dice che hanno molto più in comune di quanto le loro storie e i loro racconti facciano pensare.

Ad entrambi la vita ha insegnato l'indifferenza verso il dolore e le sofferenze altrui, il giudizio verso chi si trova in difficoltà e reagisce come può. Per entrambi la durezza è una reazione alla propria frustrazione, al proprio fallimento e alla difficoltà di fare i conti con la propria vita.

L'uno si è dovuto adattare al lavoro che fa non avendo alternative, ma lo vive insieme con cinismo e senso di colpa, l'altra sfugge al difficile rapporto con la madre e ai propri sogni legati al compimento degli studi, e contemporaneamente deve fare i conti con le proprie origini che continuano a renderla straniera agli occhi di una parte degli italiani.

In entrambi i casi sarà un incontro a cambiare il corso degli eventi e a mettere queste due persone di fronte a se stesse: per il pescatore l'incontro con un meccanico malese giunto a Lampedusa sul barcone e che aspetta con trepidazione l'arrivo di sua moglie, per la giovane donna l'incontro con una madre single portoghese che la invita a cena a casa sua.

"Praticate gentilezza a casaccio e atti di bellezza privi di senso": questa frase di (forse) Anne Herbert, diventata virale grazie ai social network, può essere considerata la sintesi del testo di Anders Lustgarten. In un contesto individuale e sociale sempre più difficile, sul quale ricadono gli squilibri di un mondo sempre più globalizzato e interconnesso, la gentilezza tra gli esseri umani rappresenta l'unica strada possibile di salvezza, o almeno questo è quanto ci suggerisce l'autore, supportato in questo caso da due interpreti credibili e straordinari, Fabio Troiano e Donatella Finocchiaro (che curiosamente recitano il primo - torinese - in siciliano, e la seconda - siciliana - in milanese).

È piuttosto sorprendente che un testo così calato nel contesto italiano e così capace di riflettere sentimenti e umori della società italiana odierna sia stato scritto da uno svedese, forse perché le realtà bisogna guardarle dall'esterno per capirle appieno. Esattamente come uno psicologo che arriva a scavare nelle profondità della nostra vita e della nostra interiorità proprio grazie al suo punto di vista esterno.

Vero è che il testo di Lustgarten parla di temi decisamente trasversali a geografie e culture, sentimenti che accomunano tutto il mondo occidentale - rabbia, disincanto, pessimismo, paura, incertezza del futuro - e che spingono molti singoli e comunità a rinchiudersi nei propri confini e ad assumere un atteggiamento difensivo.

I due protagonisti di questo spettacolo hanno imparato a non fidarsi di nessuno nella propria, quotidiana, lotta per la sopravvivenza, fino a non fidarsi neppure delle persone che gli stanno vicine e che appartengono al loro mondo, e persino di se stessi.

Saranno la gentilezza inaspettata e la speranza oltre qualsiasi ragionevole attesa di speranza a svegliarli dal loro torpore e a rompere la dura armatura ch'essi si sono costruiti, infelici e sofferenti, ma almeno apparentemente al sicuro.

Questa apertura di speranza è ciò che al termine dello spettacolo fa sollevare qualche "grazie" dal pubblico che applaude convintamente questo lavoro e i suoi interpreti. Io personalmente - forse proprio come i protagonisti - ho qualche resistenza di fronte a una svolta narrativa che mi appare un po' buonista e retorica (quanto invece mi era suonata forte, contraddittoria e per questo molto vera tutta la prima parte dello spettacolo). Ma magari la sfida di Lustgarten è proprio questa: provare ad aprire un varco anche negli animi più resistenti e negli approcci più razionali e realistici come il mio.

Da vedere.

Voto: 4/5

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