venerdì 28 ottobre 2016

I am not a serial killer. La última tarde. La tortue rouge. Swiss army man

Considerando che quest'anno, nell'ultimo weekend di programmazione della festa del cinema, ho fatto una vera e propria abbuffata di film, mi sono detta che non avrei potuto dedicare un post a ognuno, a meno di non pubblicarne almeno 3-4 al giorno ovvero dover smaltire i post relativi per settimane e settimane. Così ho deciso di fare un post cumulativo per ciascuna delle due giornate del weekend in cui ho visto più film.

Una parola prima di entrare nel merito dei singoli film. Fino a questo momento la programmazione del festival di quest'anno non mi ha entusiasmato. Non ho ancora visto un film che mi abbia davvero conquistata (pur avendo molto apprezzato molto La mujer del animal), e in generale vedo che anche il pubblico in sala è piuttosto tiepido. Rispetto all'edizione dello scorso anno paradossalmente questa - almeno fino al sabato e per i film che ho visto io - mi pare meno riuscita. Ciò detto, anche i film che mi sono piaciuti di meno qualche spunto interessante me l'hanno offerto comunque.

I am not a serial killer

I am not a serial killer è la storia di John (Max Records), um diciassettenne che vive con la madre a Clayton, un anonimo paesino americano. John va a scuola e aiuta sua madre nella gestione dell'azienda familiare di pompe funebri. La tranquilla vita del paese viene sconvolta da una serie di efferati omicidi che fanno pensare a un serial killer.

Il fatto è che John è un ragazzo sociopatico e il suo profilo psicologico è compatibile con quello che di solito è attribuito ai serial killer. John è consapevole di questo, e perciò esercita un ferreo controllo su se stesso per evitare l'emergere delle sue pulsioni. Di fronte al caso del serial killer, il ragazzo dimostra un'attrazione morbosa che lo porterà presto a scoprire chi è l'autore degli omicidi e ad aprire un vero e proprio confronto prima a distanza e poi da vicino con l'uomo.

Fin qui il film di Billy O' Brien, pur con il suo gusto un po' splatter per organi, sangue e carni recise, risulta piuttosto interessante e tine inchiodati alla sedia. Peccato dunque che a un certo punto la chiave di volta della storia arrivi in una maniera che sta a metà strada tra il prevedibile e il nonsenso.

Il film è un curioso mix di thriller psicologico (secondo me la parte migliore), horror, splatter e fantascienza, il tutto all'interno del filone della cinematografia che vede protagonisti adolescenti disturbati (scopro dopo che è tratto da un romanzo di successo!).

Il pubblico in sala, in buona parte composto di adolescenti, perché il film fa parte della rassegna Alice nella città, si divide a metà tra chi ha gradito ed è quasi entusiasta della svolta B-movie del film e chi invece ne esce disturbato e tutto sommato deluso.

Voto: 2,5/5




La última tarde

Dopo La mujer del animal, ancora un film sudamericano, La última tarde del peruviano Joel Calero. Siamo in Perù, precisamente a Lima. Laura (Katerina D'Onofrio) e Ramon (Lucho Caceres) si incontrano nello studio di un giudice per firmare le carte del loro divorzio. I due non si vedono da diciannove anni, ma per motivi burocratici Laura ha chiesto a Ramon di chiudere la pratica.

I due devono però aspettare il giudice cinque ore, cosicché cominciano a passeggiare per le strade di Lima e a chiacchierare, raccontandosi reciprocamente cosa è successo in questi diciannove anni e anche tornando al passato e al momento in cui si sono lasciati.

Diciannove anni prima, i due militavano in un gruppo terrorista di estrema sinistra, ma a un certo punto Laura era scappata dal loro nascondiglio facendo perdere le sue tracce, mentre Ramon e i suoi compagni erano poi stati scoperti.

La lunga passeggiata è l'occasione di dare e ricevere le risposte a interrogativi ancora in piedi e di sciogliere i nodi del passato, in maniera non sempre pacifica. L'incontro è anche l'occasione per sottoporre ad analisi le scelte politiche del passato, facendo emergere la diversità delle visioni del mondo di Laura, di estrazione borghese, e di Ramon, ancora legato agli ideali del popolo e della rivoluzione.

Attraverso Laura e Ramon un'intera nazione si mette di fronte alla propria storia, e forse non solo una nazione, visto che la parabola raccontata dal regista appartiene a molti paesi, così come la disillusione che ne è seguita.

Opera minimalista, sorretta da ottimi dialoghi (in gran parte estremamente naturali) e da due attori molto in parte; solo parzialmente rovinata da un finale che io personalmente ho trovato un po' deludente.

Voto: 3,5/5




La tortue rouge

Il regista Michael Dudok de Wit ci propone un'opera di animazione che è certamente debitrice sia dal punto di vista dei disegni che dell'impianto complessivo alla grande scuola giapponese dello studio Ghibli, che tra l'altro è anche tra i produttori del film.

La tortue rouge è la storia di un uomo che naufraga su un'isola deserta, lotta per sopravvivere e più volte tenta di fuggire con una zattera di fortuna che però gli viene distruttura da una grande tartaruga rossa.

Quando la tartaruga rossa giunge sulla spiaggia l'uomo prima tenta di ucciderla poi di salvarla, fino a quando la tartaruga si trasforma in una giovane donna, di cui l'uomo si innamora. Da qui in poi l'uomo non tenterà più di scappare ma vivrà tutta la sua vita sull'isola con la compagna e con il figlio avuto da lei, e che - una volta adulto - partirà alla scoperta del mondo.

Il film di De Wit è un film praticamente muto e con dei disegni di paesaggi bellissimi che sembrano veri e propri quadri: la spiaggia, i cieli, il mare, il bosco di canne ecc. E da questo punto di vista è godibilissimo.

La storia, chiaramente di impianto favolistico, è certamente una riflessione metaforica sulla vita umana, ma a mio avviso non risulta veramente incisiva e pregnante, e dunque scivola addosso in maniera piuttosto superficiale.

Voto: 3/5




Swiss army man

Paul Dano e Daniel Radcliffe sono i protagonisti di questo film folle e surreale dei Daniels (la coppia Dan Kwan e Daniel Scheinert), che è praticamente impossibile da raccontare. Hank (Paul Dano) è naufragato su un'isola e sta per farla finita, impiccandosi, quando sulla spiaggia il mare porta un cadavere (Daniel Radcliffe). In maniera del tutto surreale Hank riesce a interagire con il cadavere, il cui nome è Mannie,e che diventa il suo migliore amico in un assurdo viaggio nella foresta per raggiungere la civiltà.

Oltre questo è impossibile dire alcunché, e forse non è neanche il caso perché il nonsense di questo film va oltre qualunque cosa possiate immaginare. Ma - come auspicano i due presentatori prima del film - se riuscite a disattivare i controlli razionali e fate pace con il senso del ridicolo di cui è intrisa ogni singola scena, potrete apprezzare l'anima tenera, malinconica, triste, gioiosa di questo film.

Alla fine della visione non sono sicura che ci fosse davvero qualcosa da capire. Forse era troppo intelligente perché potessi capirlo, o troppo stupido, ma nei film di questo tipo in fondo non importa, perché gli estremi si incontrano e creano qualcosa di paradossale e certamente originale.

Come sempre mi accade in questi casi, faccio fatica a dire che mi sia piaciuto, ma sono comunque contenta che la festa del cinema (e nello specifico in questo caso la rassegna Alice nella città) mi porti anche a vedere cose che magari nella stagione cinematografica ordinaria non avrei mai scelto di vedere. Ogni tanto bisogna anche essere pronti a lasciarsi sorprendere battendo strade non usuali. E certamente Swiss army man per me è davvero una strada del tutto nuova.

Voto: 3/5

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