martedì 6 gennaio 2015

Jimmy’s Hall. Una storia d’amore e libertà

Nell’ultimo film di Ken Loach (coadiuvato alla sceneggiatura dall’eterno Paul Laverty) c’è indubitabilmente molta retorica, cosa che di solito non mi piace.

Ma a Loach perdono tutto. Anzi evviva la retorica dei suoi film, perché ci è rimasto ormai ben poco oltre a questo vecchio combattente rivoluzionario e comunista che non si è mai arreso, anche di fronte a una società che va nella direzione esattamente opposta. Uno che ancora non si vergogna di usare termini quali “lotta di classe”, “guerra dei ricchi contro i poveri”, “ingiustizia sociale” e per il quale il termine “comunista” non è un’offesa né un’espressione desueta.

Evidentemente sto davvero diventando vecchia anch'io, e per questo evviva Ken Loach!

Fatta questa premessa, non v’è dubbio sul fatto che Jimmy’s Hall non è uno dei suoi migliori film.

Il protagonista, Jimmy appunto (Barry Ward), è fichissimo. Un vero uomo senza macchia e senza paura, disposto a pagare in prima persona per quello in cui crede, ossia la libertà di coscienza, l’emancipazione delle masse, il diritto al piacere.

Siamo nell’Irlanda dei primi anni Trenta. Jimmy è ritornato in patria, nella casa di campagna dove vive la sua anziana madre, dopo un lungo esilio negli Stati Uniti seguito alla guerra civile irlandese dei primi anni Venti. Qui la sua comunità e i suoi amici di sempre gli chiedono di riaprire la sala che lo stesso Jimmy aveva costruito dieci anni prima, un luogo dove la comunità si incontra per chiacchierare, per scambiarsi opinioni, per ballare, per leggere, per imparare da chi tra loro ha delle competenze da spendere. Un vero e proprio community centre ante litteram osteggiato dai conservatori e dalla Chiesa cattolica, che vuole avere l’esclusiva dell’istruzione del popolo e non ama i leader che vengono dal popolo stesso.

La vicenda è ispirata alla storia vera di Jimmy Gralton e – attraverso di lui – ci insegna diverse cose: il popolo ha ancora bisogno di leader, che però non siano avidi e corruttibili; i simboli sono fondamentali nelle battaglie ideologiche e sociali, e dunque abbattere un simbolo ha un significato che va ben al di là di quello pratico ad esso connesso; i giovani sono l’unica speranza se sapranno alzare la testa, non omologarsi e perseguire il sogno di una società fondata sulla libertà e sull'uguaglianza di opportunità.

E non starò a leggere tra le righe, perché è evidente quanto questo film parla alla nostra contemporaneità.

Per il resto, Jimmy’s Hall è un film non privo di difetti: è narrativamente un po’ povero, è decisamente lento (e si accende solo a tratti), è celebrativo in maniera volutamente acritica. E poi, altro che un film di ottimismo per Ken Loach (come ci vuol far credere il battage pubblicitario); si tratta dell’ennesimo film disperante sulla possibilità di cambiare le cose dall’interno, ma che - come sempre in Loach - è animato dalla fiducia nel fatto che bisogna lottare comunque per quello in cui si crede.

Ci vuole qualcuno che continui a parlarci così, ancora e ancora, in un’epoca di disillusione, frustrazione e strisciante senso di sconfitta. Grazie, vecchio leone comunista! ;-)

Voto: 3/5


2 commenti:

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