martedì 4 marzo 2014

12 anni schiavo

Non ero intenzionata ad andare a vedere l'ultimo film di Steve McQueen, a causa dei pregiudizi in me sollecitati dalla lettura di alcune recensioni e dalla visione del trailer che mi avevano fatto pensare a un prodotto convenzionale e troppo melodrammatico (cosa non del tutto falsa!).

E invece poi - complice un weekend sulle colline marchigiane insieme a M. - ci sono andata perché questo era il film offerto in zona! ;-)

Ebbene, ho dovuto ricredermi.

Certamente si tratta di un film di pura costruzione hollywoodiana, il che è decisamente anomalo per McQueen e forse per questo un po' spiazzante.

A questa confezione hollywoodiana, però, McQueen conferisce la forza emotiva, espressiva e visiva di cui ci ha dato prova nei suoi film precedenti.

Ebbene, a mia memoria nessun film prima di questo era riuscito a raccontare la schiavitù in modo così potente, sfaccettato e complesso. E soprattutto mi pare che per McQueen la storia di Solomon Northup (Chiwetel Ejiofor) sia - pur nella sua rappresentatività di una vicenda storicamente e geograficamente determinata - un'occasione per parlare ancora una volta dell'umanità e per esplorare i meandri più nascosti e profondi della morale umana.

Al di là del piano narrativo, che con tutta evidenza serve principalmente a rendere più leggibile l'analisi sociale e psicologica, su tutto il film aleggiano domande universali e senza tempo.

Di quali orrori e atrocità è capace l'essere umano come singolo e tanto più come appartenente a un gruppo (ovvero una classe sociale, un popolo, una razza) quando considera un altro individuo (o un altro gruppo) non solo inferiore, ma anche privo di qualunque valore, merce di scambio, oggetto di sfruttamento? Si può davvero sopravvivere alla disumanizzazione che una forzata e terribile lotta per la sopravvivenza produce? A quali irrisolvibili dilemmi morali è posto di fronte un uomo che deve scegliere tra la propria vita e la vita di un'altra persona?

La storia di Solomon è un'ulteriore possibile variante delle dinamiche perverse e disumane che si producono quando in un determinato contesto le persone si dividono in aguzzini e vittime, e dentro ognuno di questi ruoli perdono i filtri sociali e morali della convivenza umana e mettono a nudo la propria istintività animale, in una brutale rappresentazione di un darwiniano processo di selezione.

A McQueen interessa in fondo sempre la stessa cosa: l'essenza dell'uomo quando viene messa a nudo dal cadere dei filtri imposti dalla società e dall'educazione. Situazioni estreme che palesano la condanna dell'uomo, in quanto soggetto alla più elementari leggi della natura, ma anche costretto in qualche modo, dalla riflessività sulle proprie azioni, a fare i conti con la propria coscienza.

A tutto questo si aggiungano le prove straordinariamente convincenti di Chiwetel Ejiofor e di Michael Fassbender.

In conclusione, vi aspetta un film di un forte impatto emotivo, che non fa sconti e che farete fatica a non sentire sotto la pelle, se non alzerete barriere difensive di qualche genere.

Abbiate coraggio e andate a vederlo!

Voto: 4/5

3 commenti:

  1. Cara Anna, come spesso mi succede, mi trovo d’accordissimo con una tua recensione, praticamente in tutto. Quello che mi dispiace e’ che purtroppo moltissimi l’hanno giudicato non per il fatto che sia un film piu’ o meno buono, ma per quello che rappresenta, e questo non mi sembra giusto, nei confronti di Steve Mc Queen e la sua troupe. Sembra che molti critici (professionisti o no), si sentano in dovere di dare un giudizio negativo, per andare contro, proprio perche’ ci si aspetta di applaudire questo forte messaggio contro l’ineguaglianza e il razzismo. Come se, nel celebrare quest’opera, siamo tutti delle pecore che non sanno distinguere una opera buona da una meno buona, come se “un film che e’contro il razzismo, e’ automaticamente un buon film.” Come se, nell’applaudire questa forte denuncia di una situazione neanche troppo lontana nella storia, uno apparisse poco sofisticato – “chiaro che siamo tutti contro il razzismo, ma ci sono altri modi di dirlo...”. Io mi chiedo: quali? E se’ cosi’ fosse, perche denigrare un film che di per se’ e’ onestissimo, non fa false promesse, e contribuisce in maniera molto personale al discorso sul razzismo? C’e’ solamente posto per un film buono sul razzismo? Perche’ questo non puo’ essere uno dei tanti ottimi contributi sul tema dagli anni ’60 in poi? Peccato. Non dico che sia perfetto, e sarei d’accordo con alcuni critici sul personaggio di Brad Pitt, che pare appiccicato li’ (soprattutto per il fatto che e’ lui stesso a impersonarlo), ma va reso merito al fatto che non ho trovato il film per niente sentimentale (eh si’ che la tentazione ci sarebbe stata), e molto coerente sia come stile ed esecuzione. Sergio

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  2. anche per me un film davvero potente e davvero da non perdere!

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  3. L'unica cosa quasi "ridicola" del film è il personaggio di Brad Pitt, effettivamente un po' appiccicato lì... Del resto, è uno dei produttori, forse McQueen glielo doveva... ;-) Per il resto, credo che nei confronti di questo film si eserciti in buona parte il solito snobisno di certa critica (professionale e non) cinematografica!

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