lunedì 22 ottobre 2012

Tutti i santi giorni

A rischio di essere tacciata di bieco sentimentalismo, dirò che il nuovo film di Virzì, Tutti i santi giorni, mi è piaciuto e mi sono pure commossa. E aggiungerò che solo il cinismo inevitabile di chi non si confronta tutti i giorni con una vita di coppia può non riconoscere - dietro le leggerezze e le esagerazioni da commedia che pure questo film contiene - la verità dei sentimenti che in esso viene rappresentata.

Guido (Luca Marinelli) e Antonia (Federica Victoria Caiozzo, in arte Thony) sono due personaggi belli e adorabili. Lui è un imbranato dolcissimo, uno studioso di protomartiri cristiani, fa il portiere di notte in un grande hotel della capitale, è toscano ed ha una bellissima famiglia, molto unita ed accogliente.

Lei è una cantante (e lo è anche nella vita, peraltro è autrice della bella colonna sonora; io l'ho sentita suonare dal vivo e ne ho parlato qui), ma per sbarcare il lunario lavora alla Stazione Tiburtina per un'azienda di autonoleggio, è siciliana, con una famiglia ingombrante e non facilmente gestibile alle spalle, insicura, scombinata, ma dotata di una freschezza e di una energia invidiabili.

Guido e Antonia sono innamorati e vivono insieme in una casetta alla periferia sud di Roma, circondati da vicini romanissimi con cui fondamentalmente non hanno nulla in comune. Giorno per giorno affrontano le fatiche della vita e dello stare insieme nel tentativo di costruire un futuro.

Di fronte alla difficoltà, che ben presto diventa impossibilità, di avere un figlio, gli equilibri del loro rapporto saltano. Antonia si avvita sulle sue fragilità, attribuendole al suo stare in coppia, si chiama fuori dalla possibilità di essere amata, mentre Guido si mette in discussione non sentendosi all'altezza di quello che Antonia desidera.

Ma Tutti i santi giorni non è un film lacrimevole (anche se forse una lacrimuccia vi potrebbe scappare), è una commedia con tutti i crismi, si ride molto, i personaggi principali e anche i tantissimi comprimari sono frizzanti e godibili, con qualche siparietto financo eccessivo.

E però la bellezza di questo film sta nella freschezza di questa coppia, nella genuinità con cui Luca e Antonia (bravissimi gli interpreti!) affrontano la difficoltà di amarsi e di amare se stessi, nella tentazione della continua ricerca di altro e del mancato riconoscimento dell'importanza di quello che abbiamo, nella convinzione di una mancanza incolmabile che in qualche modo è propria della natura umana, nella tensione costante verso un meglio che - per quante volte è la nostra forza - altrettante volte diventa il nostro principale nemico.

Sarà che nei rapporti affettivi, e tanto più in quelli di coppia, restiamo tutti un po' adolescenti e non smettiamo mai di sentirci inadeguati, alla ricerca di continue conferme della nostra capacità di amare e di essere amati. E in questo il film di Virzì ci offre una speranza, che di questi tempi è un bene raro e prezioso.

Non posso chiudere senza ricordare che dietro questo film c'è anche lo zampino di Francesco Bruni, apprezzato regista e sceneggiatore di Scialla!, e in passato molte volte cosceneggiatore di Virzì, che anche questa volta ha collaborato con il regista nell'adattamento cinematografico del romanzo La generazione, opera prima di Simone Lenzi.

Voto: 3,5/5

7 commenti:

  1. A rischio di sembrare estremamente romantica, questo film l'ho adorato! :)

    RispondiElimina
  2. ...tanti film. Avrai un po' sospeso con le letture...?

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Purtroppo sì... Sto leggendo delle cose di lavoro e faccio fatica a leggere anche romanzi. Però, ho almeno un paio di recensioni di libri in arretrato da pubblicare! Magari una la pubblico proprio oggi! :-)

      Elimina
  3. Visto ieri: ah i cinema parrocchiali!! Bello. Davvero bello e sincero. E condivido del tutto la tua lettura. Un film che parla onestamente e racconta, seppure in termini coloriti e colorati qualcosa di vero come i sentimenti. Una cosa mi è piaciuta in particolare è il punto di vista con cui viene trattata la fuga autolesionista della protagonista. Lei, come dici, 'si sottrae' e 'si chiama fuori dalla possibilità di essere amata' passando da un letto all'altro e gridandolo in faccia al compagno, richiedendogli di vestire un ruolo che non gli è proprio, invocando l'equiparazione tradimento=offesa che Guido e il regista disconoscono. L'offesa è solo verso se stessa. E'assordante il silenzio moralistico su questo aspetto, semplicemente il concetto è dato per scontato e acquisito: lei appartiene a sé sola e la sua libera scelta non è la violazione del diritto presunto su di lei di qualcun altro. Ho poi molto ammirato l'equilibrio dell'intero film: nel centrare il problema del desiderio di un figlio, mantenendo però il punto focale dell'obiettivo sulla coppia. Credo poi che riuscire a contenere nel ruolo di co-protagonista una personalità carismatica e vulcanica come quella di Federica Victoria Caiozzo, senza troppo offuscare quella di Luca Marinelli, sia stato già un ottimo esercizio di equilibrismo!
    Non avevo invece riflettuto abbastanza, prima di leggere il tuo post, sul ruolo della ricerca del miglioramento del sé e della coppia come spinta e nodo intorno a cui si sviluppa il film.
    Buon tutto,
    A.

    RispondiElimina
  4. Evviva i cinema parrocchiali! Un'istituzione da proteggere! :-)

    RispondiElimina

Lascia qui un tuo commento... Se non hai un account Google o non sei iscritto al blog, lascialo come Anonimo (e se vuoi metti il tuo nome)!