giovedì 6 settembre 2012

Monsieur Lazhar


Siamo a Montréal, città civile e moderna del Quebec, in cui non manca la neve, ma neppure la ricchezza e la tranquillità.

Siamo in una scuola dove gli insegnanti si fanno dare del tu dagli alunni, l'integrazione è una realtà consolidata, i banchi sono disposti a semicerchio per favorire lo spirito di gruppo, c'è la psicologa per sostenere i turbamenti emotivi dei bambini, il rapporto con i genitori è tenuto in alta considerazione, i programmi ministeriali e le regole di una scuola moderna vengono tutti rispettati.

Insomma siamo nel nostro evoluto mondo occidentale, quello di cui ci facciamo vanto per i risultati di civiltà che abbiamo raggiunto.

In questa scuola una classe deve affrontare la morte tragica della propria insegnante (e non dirò altro per evitare spoilers).

Si tratta della scuola dove arriva Bachir Lazhar (Fellag), un algerino di mezza età che ha alle spalle una dolorosa storia familiare e sta cercando una nuova vita in Canada. Un uomo all'antica in una scuola moderna.
Un uomo per il quale la dignità e il contegno sono solidi principi di vita.

Bachir Lazhar - pur non avendo alcuna esperienza - diventerà insegnante nella classe i cui allievi si trovano ad affrontare il dolore e la violenza di questa tragica morte con i fragili strumenti emotivi di cui sono dotati, per quanto siano svegli e precoci come si addice ai bambini moderni.

Monsieur Lazhar appare decontestualizzato, quasi buffo e maldestro nell'approcciare questi bambini in un modo un po' antico e al contempo tentando - senza troppa convinzione - di allinearsi alle modalità dei suoi colleghi.

Ma, nonostante tutto e forse proprio grazie alla sua anomalia, l'incontro tra Monsieur Lazhar e i bambini della sua classe sarà un incontro speciale, intenso, un rapporto umano complesso e profondo, che come tutti i rapporti umani veri richiede tempo e non è mai concluso.

La presenza di Bachir Lazhar in questo mondo ne fa venire fuori tutte le contraddizioni.

I bambini dimostrano una complessità emotiva elevata, una sorprendente capacità di affrontare e interpretare gli eventi, una necessità forte di guardare in faccia la realtà e darne una spiegazione. In questo processo hanno bisogno di essere accompagnati dagli adulti, adulti solidi, che svolgano appieno il loro ruolo, che non deleghino all'esterno la gestione dell'aspetto emotivo per occuparsi solo di quello pratico, che sappiano definire ruoli e confini ma al contempo far percepire la loro vicinanza .

Gli adulti - genitori e insegnanti - risultano invece spaventati o assenti, rimuovono il dolore o lo enfatizzano, più preoccupati del rispetto delle regole e della necessità di tracciare dei confini che della propria responsabilità nello svolgere fino in fondo la loro parte.

I bambini hanno le potenzialità (forse in qualche modo intrinseche alla natura umana) per affrontare grossi traumi, sono "crisalidi nel loro fragile bozzolo" come nella favola che Bachir racconta loro per salutarli, gli adulti di questo mondo civilizzato ed evoluto appaiono invece disorientati e cercano scorciatoie al peso delle responsabilità, alla necessità del dolore, finendo imbrigliati nella maglie strette della forma.

Monsieur Lazhar nella sua naiveté scompagina le carte: i bambini si riappropriano così della loro vera dimensione, quella di bambini ma senza quella patina edulcorata  e zuccherosa né quella pretesa di maturità che la nostra società gli impone. Il modo in cui i bambini sono raccontati in questo film mi ha ricordato il libro Sabotaggio d'amore, per il disvelamento a volte destabilizzante del loro mondo niente affatto ingenuo, che certo va aiutato ma in alcuni casi anche lasciato comporsi nella sua dimensione adulta.

Qualcuno una volta mi ha detto che i bambini non sono così e che io parlo da non genitore.

Ma chissà, forse il sano distacco di chi non è "aggravato" dal ruolo di padre o di madre (e dalle sue complessità) può aiutare a guardare con occhi più sereni e forse più realistici tematiche certamente controverse come quelle affrontate nel film: la famiglia, il ruolo della scuola, la dinamica insegnante-allievi, il rapporto tra insegnamento ed educazione, l'approccio dei bambini alla violenza e alla morte.

Mi ha sorpreso scoprire sui titoli di coda che si tratta dell'adattamento di un'opera teatrale. Doppio plauso dunque al regista e sceneggiatore Philippe Falardeau (la cui biografia è tra l'altro interessantissima!) per il perfetto adattamento cinematografico.

Ah, dimenticavo. Andatelo a vedere in lingua originale se potete.

Voto: 4,5/5

3 commenti:

  1. lo cerco subito. se ti capita guarda "un amore di gioventù", la tua sensibilità visiva ne uscirà appagata.

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    1. Lo avevo adocchiato a Roma prima dell'estate... Ora non c'è in sala, speriamo che in qualche modo risbuchi fuori... :-)

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  2. come un confronto fra due modi di trattare con i bambini, Monsieur Lazhar è caldo, tocca i bambini, li tratta da bambini, anziché in modo freddo, asettico, politicamente corretto, forse, ma troppo da giovani adulti

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