mercoledì 14 settembre 2011

Cose dell'altro mondo

Evidentemente è un periodo in cui gli italiani - o quantomeno la loro coscienza mediatica - sono ossessionati dal tema dell'immigrazione, visto che sono in sala o stanno uscendo diversi film che affrontano questa tematica da diverse angolature.

Uno di questi è Cose dell'altro mondo che ha suscitato la solita polemica pseudo-politica nostrana durata dalla sera alla mattina. Eh sì, perché protagonista del film è un imprenditore veneto (siamo tra Treviso e Bassano del Grappa), Golfetto (interpretato da un Diego Abatantuono che non riesce a non risultare milanese), il quale fa un discorso sulla tv locale contro gli immigrati, utilizzando tutti i luoghi comuni che potete immaginare e che fanno certamente parte degli schemi mentali di molta più gente di quanta pensiamo. La conclusione del discorso è l'auspicio che questi immigrati tornino tutti a casa.

Detto. Fatto.

Dopo una notte di temporale ci si sveglia e improvvisamente tutti gli immigrati sono spariti, inghiottiti nel nulla. Le conseguenze sono catastrofiche. Anziani abbandonati per strada, fabbriche semivuote destinate a chiudere, immondizia non raccolta ovunque, trasporti bloccati, razionamento del cibo. Un vero e proprio incubo a cui non c'è soluzione se non far tornare gli immigrati.

Per Ariele (un simpatico poliziotto mascalzone interpretato da Valerio Mastandrea) è in realtà l'occasione per riconquistare la ragazza che lo ha lasciato, Laura (Valentina Lodovini) che è incinta di un ragazzo di colore.

La storia deve moltissimo a quella che sta alla base del film Un giorno senza messicani, di Sergio Arau (il figlio del più famoso Alfonso), in cui la stessa situazione si verifica in California con riferimento agli immigrati messicani.

La vicenda è evidentemente l'occasione per mettere a nudo le piccolezze e le ipocrisie di un mondo occidentale ed in particolare di una certa Italietta che si limita a ripetere le frasi ascoltate al bar e in tv, senza rendersi conto che il nostro sistema economico e la nostra società civile si sono ormai profondamente modellate sulla presenza degli immigrati, anche al di là della volontà dei singoli, e che le nostre vite - dalle banalità di tutti i giorni agli aspetti più importanti - sono legate a doppio filo a quelle di chi è venuto ad abitare nel nostro paese.

Il tutto è costruito con la struttura un po' semplice e schematica di una favoletta, in cui gli sviluppi narrativi non sempre sono convincenti (a volte sono inesistenti) e le vicende dei singoli non sempre si inseriscono coerentemente e compiutamente nel quadro d'insieme.

Dunque, un apprezzabile film a tema, un po' didascalico, che strappa qualche risata (soprattutto grazie a Valerio Mastandrea), ma fa anche molta paura, visto che - come dice Golfetto - le nostre vite da arricchiti si basano sullo sfruttamento del lavoro di altri.

Del resto, l'aspetto più angosciante - dal mio punto di vista - è proprio l'idea che la prospettiva di una società senza immigrati ci può fare paura perché sono loro a fare tutto quello che noi non vogliamo più fare, in poche parole l'idea utilitaristica che nella migliore delle ipotesi abbiamo degli immigrati. Li accettiamo e tolleriamo perché ci servono.

Non sarà che siamo a una nuova forma di colonialismo occidentale? Non sarà che la nostra economia è costruita per una società che contempli sempre e comunque degli schiavi e che quando gli schiavi si emancipano ne trova sempre di nuovi?

Voto: 3/5

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