giovedì 1 luglio 2010

L'illusionniste

Vi ricordate Appuntamento a Belleville? Quel film bellissimo e tristissimo che aveva come protagonista un ragazzino senza genitori che vive con la nonna e la cui unica passione è andare in bicicletta. Con dei disegni bellissimi. E dei colori assolutamente inconsueti.

Il genio che stava dietro quel film è Sylvain Chomet, che ora torna al cinema con questo suo nuovo lavoro, dal titolo L'illusionniste. Questa volta Chomet è andato a pescare una sceneggiatura inedita di Jacques Tati, una specie di icona del cinema francese, regista ed attore di film come Les vacances de Monsieur Hulot e Mon oncle, e l'ha fatta rivivere nel delicato e buffo protagonista di questo cartone, riproducendone le movenze e la tragicomica natura.
Qui il protagonista è un illusionista tradizionale, di quelli che tirano fuori i conigli dai cappelli, fanno spuntare oggetti dal niente, e che negli anni Cinquanta è praticamente al top della sua carriera, riempie i teatri e diverte la gente. Poi, però, arrivano gli anni Sessanta e con l'avvento del rock e della "modernità", il nostro povero mago deve fare i conti con la scarsità e la modestia dei contesti lavorativi che gli vengono offerti.

E così, dai grandi teatri, deve via via adattarsi alle feste private, ai pub, alle vetrine dei negozi. È assolutamente esilarante e, al contempo, tragicamente commovente il viaggio che il nostro povero eroe deve fare dalla Francia fino a uno sperduto paesino della Scozia, dove gli viene chiesto di fare qualche spettacolo per i frequentatori di un pub, lì cioè dove il mondo sembra essersi fermato e c'è ancora posto per lui. Ma anche lì arriverà presto il juke-box e i suoi giochi di prestigio non attireranno più nessuno, salvo una ragazzina che, affascinata da quest'uomo capace di far comparire delle scarpe nuove al posto di quelle rotte, deciderà di seguirlo nel suo viaggio. Finiranno a Edimburgo, in un triste albergo dove sembrano aver trovato ricovero tutti gli artisti che la società contemporanea non vuole più o di cui non ha più bisogno: ventriloqui, clown, acrobati, ridotti ormai alla depressione o ad adattarsi ad altri lavori o a chiedere l'elemosina per strada.

Lo stesso accadrà progressivamente al nostro illusionista, tanto più nel suo tenero tentativo di dare alla ragazza, trattata e amata come una figlia, tutto quello che desidera per non sentirsi povera ed essere in linea con il mondo che la circonda. Peccato che anche lei si dimenticherà di quello che era, da dove proviene, in questo smanioso inseguimento della moda e della modernità.

E così, il nostro antieroe, quando vede sgretolarsi intorno a sé tutto il mondo in cui ha vissuto e creduto e finisce disilluso anche dalla speranza di futuro che questa quasi-figlia ha rappresentato, consapevole di essere uno sconfitto ("i maghi non esistono"), decide di rimettersi in viaggio, per chissà dove, con la sua unica valigia in mano.

Il tutto in un'atmosfera di disegni e di colori veramente magica - senza quasi parole -, capace di veicolare sentimenti ed emozioni con la sola forza dell'immagine, talvolta associata alla musica.

Che metafora triste questa dell'illusionista! Certo, autobiografica se riferita a Jacques Tati (tant'è che la ragazza pare essere ispirata alla figlia illegittima e ritrovata dallo stesso), ma universale in quel messaggio un po' conservatore che porta con sé, ossia quell'idea lacerante che il passare del tempo e l'accelerazione della modernità risucchiano cose, persone, vite e, per certi versi, abbrutiscono l'umanità, privandola di quella dignità che è certamente la caratteristica più rilevante del nostro illusionista.

Sylvain Chomet, che pure può essere considerato un giovane regista (classe 1963), sembra privilegiare questa vena un po' malinconica e triste, in cui l'ironia è superbamente presente, ma che ci lascia sempre un senso di profonda disillusione e un pessimistico sguardo sul futuro.

Devo dire, però, che personalmente amo la magia che Chomet riesce a creare con i suoi film di animazione. Li considero puro godimento per tutti i sensi. E in qualche modo anche per l'anima.

Andatelo assolutamente a vedere quando finalmente uscirà in Italia.

Voto: 4,5/5

2 commenti:

  1. Sicuramente andrò a vederlo, avendo apprezzato molto Appuntamento a Belleville. Leggo sempre volentieri queste tue acute analisi su film, concerti, pièce teatrali, libri... Riesci a delinearne con pochi tratti le caratteristiche fondamentali e gli aspetti originali, interessanti. Soprattutto attraverso la tua scrittura traspaiono l'entusiasmo, la curiosità e la passione per tutto ciò che è arte e cultura. E il desiderio di ricercare e godere della bellezza in tutte le sue forme.
    Mi ci ritrovo molto :-)
    Mara

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  2. Grazie, Mara! Quello che dici è molto bello... Ovviamente, mi fa molto piacere e mi dà ulteriori stimoli per continuare questo bel gioco che è il blog!
    Ed è bello pensare che qualcuno che non conosco si riconosca in qualche modo in quello che scrivo o trovi qualcosa di interessante per sé.
    Grazie ancora.

    RispondiElimina

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