sabato 26 dicembre 2009

Brothers

Brothers è il remake americano del film della danese Susanne Bier che in Italia uscì a suo tempo (nel 2004) con il titolo Non desiderare la donna d'altri, ma il cui titolo originale era Brodre, termine danese che significa appunto "fratelli".

Jim Sheridan, il regista di questo remake, non è esattamente l'ultimo arrivato. Ricordiamo in particolare i film Il mio piede sinistro, Nel nome del padre e l'ultimo In America. Anche la scelta degli attori non è stata fatta con leggerezza visto che nei tre ruoli principali, quello di Sam, Tommy e Grace troviamo rispettivamente Tobey Maguire, Jake Gyllenhaal e Natalie Portman (una menzione speciale all'interpretazione ancora una volta - secondo me - eccellente di Gyllenhaal).

La qualità della sceneggiatura del film originale sommata a un regista e un cast di attori di prim'ordine non poteva che produrre un ottimo risultato. La storia dei fratelli Sam e Tommy, il primo marine in missione in Afghanistan, sposato con Grace e padre di due bimbe, il secondo sempre ubriaco e appena uscito di prigione, resta intensa. C'è però qualcosa che non mi convince.

Del film della Bier - di cui non ricordo i dettagli ma la sensazione complessiva (e che mi è venuta voglia di rivedere)- mi avevano colpito la capacità di rappresentare con misura l'intensità del dramma e di aver ricondotto una tragedia dell'umanità, la guerra con i suoi strascichi impietosi sulla psiche umana, ad una tragedia tutta interiore, familiare ed intima. E la forza di quel film consisteva proprio nella scelta di non spettacolarizzare la dinamica di contesto, per concentrarsi sull'essenziale e, al contempo, sulla complessità del quotidiano (seppure in una situazione di eccezionalità). La vicenda acquisiva dunque quel respiro universale, che è esattamente ciò che - a mio parere - conferisce grandezza a una storia. Nei sentimenti contrastanti dei due fratelli, vei loro sensi di colpa e nei loro dissidi interiori, nella difficoltà di muoversi nel labirinto di sentimenti forti, ma divergenti, e di tracciare contorni certi al bene e al male, riuscivamo a trovare una parte della nostra fragile umanità.

E invece in questo caso quanto è genuinamente americana la storia di Sam e Tommy, quanto è preponderante la presenza della guerra in Afghanistan e il ricordo del Vietnam, quanto è insistita la commemorazione dei soldati americani caduti, quanto sono trasferite al di fuori dei personaggi le cause dei drammi che via via emergono fino quasi a sfociare in tragedia!

Così, quella che sentiamo alla fine è certamente commozione scaturita da pietà umana, ma non certo empatia vera, perché è troppo facile in questo film riconoscere la linea di demarcazione tra giusto e sbagliato e - purtroppo - non è questo che sperimentiamo nella vita di tutti i giorni.

Voto: 3/5

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